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sabato 5 gennaio 2013

Una Ricostruzione: il Bellum Neapolitanum

Abbiamo lasciato l'ultimo post commentando un'ambiguità che potrebbe essere riassunta dal sottotitolo Bellum Neapolitanum e Triumphum Paleopolitanum.
Mappa dei due nuclei di Neapolis rispetto alla Napoli attuale

Mappa dei due nuclei di Neapolis rispetto alla Napoli attuale. Immagine ospitata sul sito web dell'I.C. Fiorelli.

Se accettiamo per buona la narrazione liviana dei fatti, ci troviamo cioè nella singolare situazione in cui i Romani dichiararono guerra a Neapolis ma, quando vinsero, celebrarono il trionfo su Palepolis. Riassumendo gli elementi a nostra disposizione:
  • C'era una città chiamata Palaepolis, non lontana dal punto in cui è ora Neapolis, e le due città erano abitate da un solo popolo;
  • i feziali furono inviati a Palaepolis per chiedere soddisfazione; e quando quelli tornarono con una risposta focosa da parte dei Greci - una razza più valorosa con le parole che nelle azioni - il popolo spinse una risoluzione del senato e ordinò che si facesse guerra a Palaepolis;
  • (i Neapolitani) stavano infliggendo molte gravi ferite ai loro amici i Campani. Il senato Romano, quando i Campani gli mossero ripetute proteste contro i Neapolitani, votò per mandare ambasciatori ai secondi;
  • ambasciatori mandati dai Tarantini erano andati dai Neapolitani, uomini di nobili natali che avevano ereditato lacci di ospitalità con i Neapolitani; anche altri erano giunti, mandati dai Nolani, che erano loro vicini ed ammiravano grandemente i Greci, per chiedere ai Neapolitani al contrario di non stringere un accordo coi Romani o i loro soggetti né di abbandonare la loro amicizia coi Sanniti;
  • Quando la boulé fu d'accordo;
  • la decisione riguardo alle ambascerie fu posposta ad un'altra sessione, durante la quale i più influenti dei Sanniti vennero in gran numero a Neapolis e, convincendo gli uomini alla guida dello stato mediante alcuni favori, persuasero la boulé a lasciare all'assemblea pubblica (l'ekklesia) la decisione riguardo i migliori interessi dello stato;
  • Inoltre, quando i Neapolitani avessero respinto l'esercito Romano, essi avrebbero non solo recuperato Cuma per loro, che i Campani avevano occupato due generazioni prima dopo aver espulso i Cumani, ma avrebbero anche restituito i loro averi a coloro dei Cumani che ancora sopravvivevano;
  • Per queste ragioni il senato Romano risolse di mandare un esercito contro i Neapolitani.
Le citazioni appena raccolte vengono da Livio e da Dionigi d'Alicarnasso, autori contemporanei, ed è terribilmente facile distinguere un autore dall'altro: il padovano parla continuamente di Palepolis, mentre il greco non ha dubbi nel riferirsi a Neapolis. Osserviamo che molti autori sottolineano come Tito Livio sia in realtà l'unica fonte a restituirci il nome di Palepolis.
Abbiamo già evidenziato che la doppia natura di Neapolis è un'evidenza archeologica, quindi non possiamo mettere in dubbio la parola di Livio al riguardo del doppio centro urbano. Possiamo però farlo riguardo al nome della città vecchia, che altri autori dicono essere anticamente Phaleron e successivamente Parthenope. Questo doveva essere il nome del nucleo più antico di Neapolis, quello situato su Pizzofalcone e prospiciente l'attuale Castel dell'Ovo.
Un'altra evidenza ci viene dalla monetazione: al termine del suo resoconto sul bellum neapolitanum Livio scrive:
il trattato stipulato con Neapolis - lì infatti i Greci trasferirono il loro quartier generale
una frase che ha indotto molti autori a commentare che prima della guerra il centro amministrativo di Neapolis fosse in Palepolis, e che fu trasferito nella Neapolis solo dopo la guerra con Roma.
Didramma neapolitano del 380 a.C.
Ma se così fosse, dovremmo trovare traccia di ciò anche nella monetazione che invece, fin dagli esemplari più antichi, riporta il solo nome di Neapolis, laddove ci si aspetterebbe di leggere il nome della polis principale, del luogo dove è accentrato il potere (ciò indipendentemente dalla collocazione fisica della zecca).
La moneta accanto, ad esempio, è datata intorno al 380 a.C., e l'iscrizione recita “NEOΠOΛITΗΣ” (NEOPOLITES). Ma di tipi simili e con diciture riferentisi a Neapolis ne abbiamo fin dal 450 a.C., quasi la data di fondazione di Neapolis.
I numismatici tendono a classificare le monete per tipi, dal momento che lo stesso calco veniva usato per battere tutte le monete provenienti da una stessa zecca. Ebbene, i tipi monetali di Neapolis spesso abbracciano gli anni dell'assedio di Roma, e sono datati dal 350 al 240 a.C., dal 340 al 300 a.C., persino dal 380 al 300 a.C., come se gli anni dell'assedio non rappresentassero un elemento di rottura per la produzione di monete. Ho trovato solo una serie datata dal 340 al 326 a.C., poi rimpiazzata da un'altra datata dal 325 al 310 a.C., ma in nessun caso il nome di Neapolis compare dal nulla: la vecchia serie già lo reca impresso.
Possiamo dunque dedurre che parte della versione liviana è invenzione, e farci aiutare da Dionigi d'Alicarnasso quando necessario.
C'erano dunque due nuclei urbani a Neapolis? Certamente, e l'archeologia lo dimostra.
Dei due, qual'era il nucleo più importante prima del bellum neapolitanum? La Neapolis, d'altro canto anche altri storici ci dicono che Parthenope fu abbandonata durante la guerra contro gli Etruschi, e poi fu fondata Neapolis la quale, avendo una nuova struttura urbana, dovette sembrare da subito più adatta ad ospitare l'amministrazione. Inoltre, il Beloch, il Capasso, il Napoli, le evidenze archeologiche, sono concordi nell'individuare nella Neapolis l'agorà, a datarla a ben prima dell'assedio romano, ed è noto che la vita pubblica nelle città greche si svolgeva intorno all'agorà.
La nostra conclusione è che Roma dichiarò effettivamente guerra a Neapolis, vista come un corpo unico. Ma perché allora Livio avrebbe dovuto proporre una ricostruzione così astrusa dei fatti? Innanzi tutto, egli scriveva quasi tre secoli dopo gli eventi narrati, poi cercava di dare una sistemazione logica alla materia a sua disposizione, e quando analizzeremo lo svolgimento dell'assedio romano vedremo che le stranezze sono tante e tali da indurre facilmente in errore.
Ma visto che questo post è già abbastanza lungo, dovrete attendere ancora prima di capire in che modo i Romani minacciarono i Neapolitani.

2 commenti:

  1. "Ma visto che questo post è già abbastanza lungo, dovrete attendere ancora prima di capire in che modo i Romani minacciarono i Neapolitani. "

    Scommetto che si sono sfidati nello stadio :-)

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  2. :-)
    Non sarebbe stata una cattiva idea, a patto di lasciar giocare i loro campioni e non di andare allo stadion (Neapolis ce l'aveva!) con le spranghe!
    Mi ha sorpreso anche che furono in realtà i Romani a prendere i giochi gladiatorii, tradizione Sannita ma legata alle cerimonie di nozze (ci sarà anche questo nel libro), e renderli lo spettacolo cruento che viene comunemente ripreso nei film.
    La verità è che 2300 anni fa le persone erano per certi versi abbastanza più civili e furbe di oggi.
    No, niente stadio, non era più il tempo di Orazi e Curiazi.

    RispondiElimina

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