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domenica 21 aprile 2013

Storia di Neapolis: la città greco-sannita

Intorno al 400 a.C. assistiamo in Campania all'espansione Sannita. Provenienti dalle montagne dell'Appennino, questa popolazione era in cerca di pascoli fertili, e ne trovò a spese degli indigeni.
La pianura campana, corrispondente pressappoco alle attuali attuali provincie di Caserta e Napoli, era già abitata dagli Oschi, di fatto già imparentati con i Sanniti, che lasciarono in eredità a quelli lingua e alfabeto.
Mappa dell'antico assetto politico del golfo di Napoli (Sinus Cumanus)

Mappa dell'antico assetto politico del golfo di Napoli (Sinus Cumanus).

Ma quest'ultima invasione di Sanniti fu evidentemente un crescendo di cruenza, se nel 343 a.C. i Campani di Capua giunsero a donarsi a Roma pur di ottenerne il soccorso. È un episodio che più di uno storico ha sottolineato, giacché solo pochi anni prima era stata Capua a correre in soccorso di popolazioni vicine.
Dunque, l'intera Terra di Lavoro veniva presa d'assalto dai Sanniti, che non risparmiarono certo le ricche città della costa, quasi tutte greche. Kyme, Dikearchía, Surrentón, tutte vennero assalite e prese con la forza. È pensabile che, in questa situazione, Neapolis abbia ritenuto le pur formidabili mura delle quali era dotata solo un ostacolo temporaneo all'orda avanzante.
Circondata da ogni parte dai Sanniti, fece probabilmente la cosa più saggia: accettò che un'enclave sannita venisse a vivere tra le sue mura. In un certo senso, era come avere degli ostaggi affinché i Sanniti non si scatenassero contro la città, ma è anche vero che i Sanniti potevano ora aspirare alle più alte cariche, come la demarchia.
In altre parole, la minaccia sannita era disinnescata, parte della sovranità era ceduta, e Neapolis non era più esclusivamente greca.
Quanto possiamo ritenere veritiera quest'ultima valutazione? L'impressione è che in realtà i Sanniti di Neapolis fossero meno sanniti degli altri: la città continuava ad essere colta alla maniera greca, amministrata alla maniera greca, non si riscontrano altresí tracce di fratríe esclusivamente sannite.
Nel suo Neapolis greco-romana Mario Napoli osserva che probabilmente l'elemento Sannita venne tenuto al margine di quest'elemento aristocratico che furono le fratrie, ma bisogna considerare che difficilente si potesse fare un torto del genere a quei sanniti che assurgevano alle più alte cariche. Io ritengo più probabile che l'elemento greco abbia rapidamente assorbito le parti più in vista di quello sannita e lo abbia fatto proprio.
D'altro canto, Neapolis rimaneva anche l'unico vero porto del Sinus Cumanus: assalirlo e fare che con esso si perdesse la possibilità di scambiare merci con il resto del Mediterraneo non poteva convenire neanche ai Sanniti. In altre parole, è probabile che gli stessi Sanniti, ben consci del danno che poteva derivare alla loro economia far scomparire anche l'ultimo emporio greco nel Tirreno centrale, si guardassero bene dall'insistere sulla polis.
Può sembrare che, in una situazione così critica, Neapolis vivesse momenti difficili. Eppure, proprio da questa città che cercava di restare a galla, nel 356 a.C. si affaccia alla ribalta il primo personaggio neapolitano che la storia ricordi: Nypsios il neapolitano. Di lui abbiamo già parlato estesamente, ma è interessante ricordare che il suo nome ne dichiara l'ascendenza Sannita.
Se vogliamo, Nypsios è un po' il paradigma del neapolitano dell'epoca: Neapolis era diventata con l'ingresso dei Sanniti il più importante mercato di mercenari della regione, i Sanniti e i Campani erano mercenari tenuti in assai grande considerazione, e addirittura Dyonisios il Giovane, tiranno di Siracusa, probabilmente la più ricca città greca dell'epoca, richiese i servigi di codesto Nypsios.
I vantaggi che derivarono a Neapolis quale città greco-sannita non furono solo sul fronte della difesa: dotata di una tecnologia superiore, la città cominciò a battere moneta per tutti i vicini, ed il suo valore ponderale era riconosciuto e accettato per un ampio raggio. La sua doppia natura la rese la piazza di riferimento privilegiata per il contatto tra la civiltà ellenica e le popolazioni italiche.
Si può credere che, con l'arrivo dei romani, la presenza dei Sanniti a Neapolis cessi. Al contrario, con il foedus equum che seguì l'assedio del 328-326 a.C. la città mantenne il diritto di ospitare gli esiliati da Roma, i rifugiati politici e, a maggior ragione, la propria popolazione sannita.
Da ora in poi, però, sono i Romani a venire qui, per studiare, per acculturarsi, e per trascorrere le loro vacanze.
Ora, non è per fare polemica, ma vorrei far osservare agli attuali amministratori della Campania che gli antichi Romani non erano dei poveri fessi: conquistarono il mondo antico, quindi qualcosa del mondo dovevano pur capirla! Vollero Capua per farne il granaio di Roma quando la Sicilia era ancora troppo lontana, venivano a Neapolis per studiare e per trascorrere le vacanze, ed hanno continuato così per almeno ottocento anni, ovvero fino a quando è caduto l'Impero (ma Neapolis era ancora lì!).
Non è che a qualcuno tali fatti suggeriscono quali possono essere le diverse vocazioni del nostro territorio?

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