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giovedì 21 maggio 2015

La Mater Matuta

Giacché nell'ultimo post ho abbordato alcuni aspetti della religione a Cartagine, questa settimana mi pare coerente proseguire sul tema parlando di una particolare divinità italica e campana: la Mater Matuta.
Viso di una mater matuta

Dettaglio di una mater matuta esposta presso il Museo Campano di Capua.

Poche divinità, credo, possono esemplificare meglio come la memoria umana sia labile, perché la mater matuta era tanto venerata al suo tempo quanto è misteriosa oggi.
Che fosse molto venerata ai tempi della Roma repubblicana lo sappiamo dall'enorme quantità di reperti diffusa in tutta la penisola italiana, e tutti raffiguranti lo stesso soggetto: una matrona seduta su di un trono, che regge in grembo, appoggiati alle braccia, diversi neonati in fasce.
Il soggetto è forse diffuso in tutt'Italia, ma per avere un'idea della profonda devozione che si nutriva per questa dea bisogna recarsi presso il Museo Archeologico Campano di Capua, che ha dedicato a questa figura ben cinque sale del suo spazio espositivo.

giovedì 14 maggio 2015

Quel "Baal" nel nome di Annibale

Busto di Annibale conservato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Questo è un post telefonato.
Qualche tempo fa ho ricevuto un'e-mail da un amico di vecchia data (ciao, Fabio!), nella quale mi chiedeva se, nel nuovo romanzo, avevo indagato l'aspetto religioso in Annibale e nei cartaginesi, e tutto ciò che ne deriva.
Ovviamente, la risposta è sì: come potevo dare personalità ai miei personaggi senza cercare di immedesimarmi in essi e valutare ogni aspetto delle loro vite? Ma siccome il romanzo non è un trattato di religione comparata, l'aspetto religioso può entrarci solo se il personaggio lo vive.
Nondimeno, il discorso è interessante per molti motivi, dunque ecco un post dedicato al sentimento religioso dei cartaginesi (e a Fabio, il mio amico, naturalmente).

venerdì 8 marzo 2013

I Nomi Degli Antichi

Diverse culture che usano diverse lingue, hanno presumibilmente anche diverse usanze per quel che riguarda l'onomastica degli individui. Nella stesura di Neapolis - Il Richiamo della sirena ho cercato di curare anche quest'aspetto, solo apparentemente di secondo conto.
Il nome col quale ci sentiamo chiamare tutti i giorni plasma in qualche modo la nostra personalità: sapere che esso si riferisce a un nostro avo, o che possiede un determinato significato, o che ci è stato attribuito per un determinato evento, influisce comunque sul nostro carattere, sul nostro umore, sul nostro modo di rapportarci col mondo. Potremmo sentirci orgogliosi, o schiacciati da un peso troppo grande, o pieni di voglia di rivalsa, e ciò per tutti i nostri giorni, giacché un nome non è una cosa che si cambi così su due piedi.
Ma vediamo dunque quali erano le usanze onomastiche ai tempi della vicenda del romanzo, cultura per cultura, cominciando dai Romani.
Nell'antica Roma, il sistema tradizionalmente riconosciuto dei tria nomina era un'usanza tarda, non anteriore nei documenti ufficiali al 100 a.C. I tria nomina erano praenomen, nomen e cognomen.

domenica 3 febbraio 2013

Sanniti!

Dopo aver tanto parlato di Romani e Greci, all'ora di comprendere l'entità del pasticcio nel quale Neapolis, permettendo ad uno stanziamento Sannita di stabilirsi in Parthenope, si era cacciata, manca probabilmente al lettore un elemento fondamentale: la conoscenza di questo popolo italico che ebbe l'onore di tenere in scacco i Romani per tanto tempo e che inflisse agli stessi una delle più cocenti e dolorose batoste della loro storia, le ben note Forche Caudine.
Non pretendo di scrivere un articolo enciclopedico in questa sede, un post amatoriale non è il luogo per un'impresa del genere, ma posso provare a delineare alcune delle conoscenze più rilevanti che abbiamo sui Sanniti. Quando necessario, indicherò anche fonti esterne grazie alle quali il lettore, se lo vuole, potrà ulteriormente e più approfonditamente documentarsi.

Introduzione

I Sanniti furono un antico popolo italico stanziato in un territorio corrispondente agli attuali territori della Campania, dell'alta Puglia, del Molise, del basso Abruzzo e dell'alta Lucania. Parlavano la lingua osca, una lingua indoeuropea del gruppo italico.
Cartina del territorio del Samnium durante le guerre contro Roma

Cartina del territorio del Samnium durante le guerre contro Roma. Fonte: Molise 2000 blog.

lunedì 12 novembre 2012

Console e Augure

Molte sono le caratteristiche che contraddistinguevano i Consoli Romani. A scuola ci viene insegnato fin dalle elementari perché nacque questa figura di potere: dopo la cacciata di Tarquinio il Superbo, si volle limitare il potere del Rex affibbiandogli un collega di pari potere e con diritto di veto. Da allora, la politica italiana non ha più avuto una direzione precisa!
Ma vi sono prerogative e funzioni del Console che spesso non vengono evidenziate con la stessa profondità, come ad esempio quelle religiose.
Gli antichi Romani sono passati alla storia per molte buone ragioni, ma anche per essere terribilmente superstiziosi. Prima di intraprendere qualunque azione si affidavano volentieri a indovini, maghi, aruspici, seguendo una tendenza che fece prima la fortuna degli Etruschi, poi dei Greci, ed infine degli Egiziani.
Ma quando si andava in battaglia, non potendo togliere dalla testa dei soldati tante corbellerie, bisognava assecondare questa loro inclinazione in modo che permettesse loro di combattere con il coraggio e la determinazione che ci si aspetta dagli antichi dominatori del mondo.
Il Console, durante una campagna di guerra, fungeva anche da aruspice. Se volete, faceva anche da sacerdote militare, ma pensate a quanto sarebbe terribile se un generale di corpo d'armata fosse anche il prete dell'esercito! Certo lo stesso accadeva ancora con il Papa Giulio II, che ricordiamo ne “Il Tormento e L'Estasi”, il kolossal biografico su Michelangelo, ma oggi è fortunatamente un'altra cosa!
Per capire dunque in cosa consistessero le incombenze religiose del Console, dobbiamo capire che gli antichi Romani erano molto religiosi, al punto che vita religiosa e vita pubblica erano quasi indissolubilmente vincolate. I Consoli erano infatti incaricati sia dei doveri religiosi che di quelli militari, e la lettura degli auspici era un passo essenziale prima di condurre l'esercito in battaglia.

lunedì 1 ottobre 2012

Una Terra Poliglotta

La Campania è stata da sempre una terra d'incontro tra culture diverse, e nel IV sec. a.C. le cose non erano assolutamente differenti.
Gli Osci/Sanniti erano forse la popolazione più diffusa, ma accanto ad essi troviamo Greci (principalmente a Neapolis), i Romani che cominciavano ad affacciarsi sul territorio (di fatto, Acerra era stata annessa alle tribù Mescia e Scapzia, guarda caso proprio ad opera di quel Quinto Publilio che assume tenta importanza nella vicenda narrata, ma le stesse Cuma e Puteolis erano state da poco sottratte ai Sanniti, e la ricchissima Capua si era letteralmente donata all'Urbe), gli Etruschi, gli Aurunci, i Volsci…
Ciascuna di queste popolazioni parlava una propria lingua, usava una propria scrittura, alle volte prendeva in prestito l'alfabeto di altre. C'è da stupirsi se i napoletani gesticolano tanto? :)

domenica 22 luglio 2012

Il Volto di Parthenope

Parthenope non è la più nota delle Sirene.
Il mito che riguarda le Sirene dà loro nomi assai diversi a seconda dell'autore: lo Pseudo-Apollodoro cita Peisinoe, Aglaope e Thelxiepeia, altri nominano Terpsichore, Melpomene e Sterope o Chthon, Omero non dà alcun nome. Il loro stesso numero varia da due a cinque. Il mito che le vuole coi nomi di Leucosia, Ligeia e Parthenope (“virginale”) è dunque solo uno dei tanti ma, guarda caso, è proprio quello che ci interessa di più.
Nel romanzo sarà Parthenope stessa a raccontare la sua storia. Vale la pena però ricordare che, con le sorelle, essa venne mutata in donna-uccello (e non donna-pesce come vorrebbero le più tarde tradizioni medievali) dall'ira di Demetra, giacché era stata incapace di proteggere la figlia Persephone dalle voglie di Ade. Che poi Ade si comportò anche da gentiluomo: amava davvero Persephone, tant'è vero che la sposò e fece in modo che ella non potesse stare lontano da lui. Ad ogni autunno la fanciulla deve tornare dal marito, mentre la primavera e l'estate li trascorreva con la madre a curare le messi.
Ciò detto, la tentazione di parlare qui delle valenze ctonie del mito è molto forte, ma non è assolutamente questa la sede. Se lo desiderate, sarò felice di scrivere un post a parte, ora dobbiamo tornare alla nostra Parthenope.

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