Greca di fondazione, meraviglioso esempio di pacifica commistione e contaminazione, la città [Neapolis] è crocevia di interessi e intrighi internazionali. E questa multiculturalità è sapientemente descritta dall’autore.
[Maria Grazia Porceddu, Sanniolife]

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domenica 28 aprile 2024

Contraltare

Ho già scritto che Kapu - Racconti della Caduta è stato scritto insieme a Neapolis - I Signori dei Cavalli, e credo che i due volumi vadano considerati opere sorelle. Come in tutte le famiglie, i dissapori più forti sono quelli tra fratelli.
Neapolis è stata una storia di abnegazione, amore per la patria e lealtà verso l'alleato. Kapu… lo vedrete.
Se vi sembro pessimista, vi suggerisco di non aspettare la lettura di Kapu ma di fare quello che anch'io ho fatto: leggere i classici. Fatevi un'idea di quelle vicende e sarò lieto di discuterne, anche di cambiare opinione!
Voglio però sostanziare opinioni così forti, o potreste pensare a qualche mia personale animosità verso la mia terra che, lo anticipo, non esiste. Anche l'opinione dell'editore sul volume lascia poco spazio a incomprensioni, in tal senso:
Il romanzo si presenta coerente dall’inizio alla fine; l’autore ha espresso in maniera chiara il proprio pensiero sulla vicenda campana la cui terra è fertile, è il seme che non è buono.
Dove comincerò, dunque, questo confronto tra i due volumi? Dagli uomini: da un lato abbiamo un eroe, Hegeas, che pur sapendo perfettamente che il proprio assalto alla cavalleria annibalica è insensato, lo esegue. In Neapolis spero di aver chiarito a sufficienza che l'ipparco neapolitano aveva preparato la sortita con scrupolo e non aveva agito per avventatezza.
In Kapu troverete invece tanti personaggi, grandi e piccoli, ciascuno preoccupato delle proprie cose: l'uomo politico assetato di potere assoluto al punto di tradire la propria discendenza; nobili che lanciano la loro patria in pericolose avventure e cercano poi nella morte una fuga ai propri misfatti; personaggi importanti che desiderano gettarsi nell'agone politico; persino quando i guerrieri restano fedeli a Roma, sorge il dubbio che non lo facciano per un vantaggio personale.
Erano simili aspirazioni giustificate? Quando Neapolis perse i propri guerrieri più valorosi, Roma mandò un proprio prefetto a proteggere la città, perché Neapolis era città foederata. Lo stesso fa Roma quando Annibale entra per la prima volta in Campania: Quinto Fabio Massimo dispone presidi in tutte le città fortificate.
Kapu, infatti, non ospitava un presidio romano, perché la città si era sempre dimostrata leale, e Roma ricambiava la lealtà con fiducia, quindi perché dislocare uomini come se Kapu fosse stata nemica?
Ma Kapu non si accontentò di tradire Roma: durante il tradimento, i romani in città vennero imprigionati e asfissiati nelle terme, un gesto che i romani furono persino disposti a perdonare, quando proposero la resa alla città assediata.
È l'odio così dimostrato giustificato da un astio dei romani verso Kapu? Il console Appio Claudio aveva realizzato la sua regina viarum passando accanto alla capitale campana; le città campane che non passarono ad Annibale furono protette e trattate lealmente (Nola, Kales), ripristinate dopo la guerra (Akeru, Nuvkrinum), persino quelle tradizionalmente più ostili a Roma (la sannita Beneventum); i romani avevano vincoli di sangue (leggi sui matrimoni misti) coi campani, quindi l'amicizia tra Roma e Kapu era tradizione!
È vero che la storia la scrivono i vincitori e, quando Roma vinse, non andò per il sottile, ma questa storia non ci è giunta solo grazie alle testimonianze romane: Polibio, lo storico greco, poté scrivere il proprio resoconto della guerra punica leggendo anche ciò che Annibale ne aveva lasciato inciso presso il tempio di Hera Lacinia, a Kroton. La sua versione non contraddice quanto raccontato dal posteriore Livio.
Dunque Kapu - Racconti della Caduta è il giusto contraltare a Neapolis - I Signori dei Cavalli. Nell'uno brillano virtù e spirito di abnegazione, nell'altro è esemplificata la vanità dell'affannarsi per scopi puramente personali, il contrario di quella che è una “società”.
Se la lettura di questi post sta risvegliando il vostro interesse, ricordate che sto raccogliendo prenotazioni del volume per andare in stampa. Chi desidera una copia (autografata) al prezzo di favore di 18€, può contattarmi personalmente.

lunedì 15 aprile 2024

"Kapu" o "Capua"?

I miei lettori di più vecchia data sanno che cerco di curare alcuni aspetti delle mie opere che possono sembrare marginali, o indurre perfino confusione. Uno di questi aspetti è la lingua
Quando ho cominciato a scrivere Kapu - Racconti della Caduta come parte integrante di quello che è diventato Neapolis - I Signori dei Cavalli, sapevo già che avrei dovuto giostrarmi tra almeno cinque lingue: ovviamente, l'italiano del lettore, il greco di Neapolis, il latino dei romani, il punico (per quanto poco) dei cartaginesi, e l'osco dei campani/capuani.
Naturalmente, spesso questa cura si limita solo ai nomi di persone e cose, ma a volte si estende a usi, costumi, unità di misura… A voler essere attenti, diventa un groviglio di parole usate ora in un modo, ora in un altro. Il caso più evidente è il nome di Annibale, ora scritto alla romana (Hannibal), ora alla punica (Hanni-baal, “dono di Baal”), ora alla greca (Annìbas). Per l'osco, del quale non ho trovato la trascrizione, ho usato la forma italiana.
Tra tutte, l'osco era la lingua comparativamente meno nota, ma la mia scelta era dettata anche dal voler porre il lettore italiano nel punto di vista dei campani.
Ciononostante, quando ho usato il nome della Capua osca, l'ho fatto scrivendo “Kapu”. Perché?

Moneta dell'antica Capua, datata tra il 216 e il 211 a.C. del valore di un'“uncia” (7.09 g). Sul fronte appare la testa di Diana, con arco e faretra sulla spalla sinistra; sul retro è raffigurato un cinghiale selvatico e un punto che indica il valore della moneta. L'iscrizione, retrograda (da sinistra verso destra) si legge KAPU in alfabeto osco. Fonte: Wikipedia

Basta leggere le iscrizioni sulla monetazione campana dell'epoca per osservare diverse cose ma, innanzi tutto, l'alfabeto osco non è quello latino. A prima vista, privo della grazia data dalla rotondità di una “O”, per esempio, sembra quasi runico, ma osserviamo le lettere di “KAPU” a cominciare dalle vocali.
La “A”, la seconda da destra, non è riconoscibile, mentre la “U” è per così dire coricata verso sinistra.
La “P”, come la “C”, sono graficamente greche, a testimonianza dell'influsso del greco sull'alfabeto osco.
Dunque, ecco come i cittadini di Capua chiamavano e scrivevano la loro città: Kapu! E nello scrivere un romanzo che forse per la prima volta si pone nel punto di vista non dei vincitori romani, non dei principali sconfitti cartaginesi, non dei testimoni greci con diverse sorti (Taranto e Syracusae persero la loro indipendenza, il regno macedone di Filippo divenne il seguente nemico giurato di Roma, Neapolis si confermò valida alleata), non in quello dei più valorosi e riconosciuti arcinemici di Roma, i sanniti, ma in quello dei campani spazzati via senza rimedio, potevo trascurare un elemento di così evidente identità?
È una bella terra, la mia, con molta storia, e non pretendo che Kapu - Racconti della Caduta ne narri più che una breve pagina, ma densa e sconosciuta.

domenica 14 aprile 2024

Kapu e il Kampanon

I luoghi di Kapu - Racconti della Caduta indicati dalla Tabula Peutingeriana.

Il titolo non tragga in inganno: Kapu - Racconti della Caduta non incentra la propria attenzione sulla sola Capua.
Il Kampanon, quella che per i latini era la Campania Felix, era una terra ricchissima, la terra di un popolo orgoglioso e fiero. Persino il console Terenzio Varro, nell'immediatezza della disfatta di Canne, fa un rapido calcolo dell'esercito che Kapu avrebbe potuto mettere a disposizione di Roma.
“Dovreste proseguire questa guerra in vece nostra” si avventura a dichiarare il magistrato all'ambasceria che lo ha raggiunto a Venosa. “In Campania potrebbero essere arruolati trentamila fanti e quattromila cavalieri”, esorta, secondo Tito Livio.
Sono numeri importanti, soprattutto alla luce di come era composto un esercito romano, e della fama dei cavalieri campani.
Di fatto, il titolo di Neapolis - I Signori dei Cavalli era giustificato proprio dall'importanza della cavalleria campana per l'esercito romano, e parte della difficoltà di Roma nello sconfiggere Annibale durante la Seconda Guerra Punica si deve proprio alla defezione di Capua, la cui cavalleria sarebbe stata un più che valido antagonista per la cavalleria numidica del cartaginese, che era sì nutrita (circa diecimila effettivi), ma leggera.
I cavalieri campani erano di altra pasta: erano pari agli equites romani e spesso gareggiavano con loro in valore e capacità (in Kapu - Racconti della Caduta sono riportati alcuni episodi di tale rivalità), ma nelle parole del console Varro troviamo la più sincera ammissione dell'importanza della cavalleria campana: “trentamila fanti e quattromila cavalieri”.
Sono numeri bizzarri, per un console, perché un esercito consolare era tradizionalmente composto da due legioni, ciascuna con circa 4200 fanti e seicento cavalieri romani. Varro chiese pertanto ai campani il supporto di almeno tre eserciti consolari!
Ma restiamo alla carta pubblicata più su e leggiamone i nomi, alcuni riconoscibili, altri meno: Capua, Puteolis, Atella, Suessula, Nola, Nuceria, Calatie, Beneventum, Herdoniae, Iovis Tifatinus, Castra Annibalis, Ad Diana, Telesie, Geronum, Casilinum, Cale, Casinum, Cuma, Literno, Vulturno, Sinuessa. E questi sono solo i luoghi presso i quali si svolgono alcune azioni del volume!
Nel volume vengono citate altre località (Argirippa, Canne ovviamente, Acerrae, Hamae, Cominium Ocritum, Saticula e altre ancora) che in questa carta non appaiono.
Delle località raffigurate, solo poche sono realmente scomparse, altre hanno cambiato nome: Capua è oggi Santa Maria Capua Vetere, Casilinum è Capua, Calatie è Maddaloni, Ad Diana è Sant'Angelo in Formis; il non indicato Cominium Ocritum è oggi Cerreto Sannita e Saticula è nel territorio della maestosa Sant'Agata dei Goti!
In tutte queste località s'è fatta la storia di un tempo, ma sebbene ai nostri ragazzi venga insegnato dell'arrivo di questo incredibile generale che fu Annibale, ben poco gli viene detto che calcò questi luoghi, e meno ancora gli viene detto di come ne fu impressionato!
Io ne sono rimasto meravigliato, mentre leggevo i classici, e un piccolo sogno mi si è destato: poter presentare l'opera che sarebbe nata da questa mia ricerca in ciascuna delle località menzionate.
Poche cose, infatti, sono potenti come il sentimento dell'eredità storica, al punto di renderla un sentimento persino molesto, nelle mani sbagliate: quante volte disturba la vanagloria di chi si bea delle glorie del passato senza aver mai realizzato granché?
Kapu - Racconti della Caduta nasce con questa pretesa: dare un motivo di orgoglio sano e fondato a tutte queste località presso le quali è stata la fatta la storia di un'epoca.
Perché quando Annibale giunse per la prima volta nella pianura campana, ne rimase così impressionato che…
Eh, no! Se volete saperne di più, dovrete aspettare il prossimo post, e se vorrete sapere tutta la storia, la racconto in Kapu - Racconti della Caduta.

sabato 31 ottobre 2020

Decifrare una Storia (I)

Riprendo questi post dopo tanto di quel tempo che è stata un sorpresa “scoprire” quanto la trama fosse ben stesa fin dai suoi primi abbozzi.
In particolare, già a marzo 2015 avevo descritto buona parte del materiale che mi ha portato alla realizzazione di Neapolis - I Signori dei Cavalli. Buona parte, ma non tutto.

domenica 22 marzo 2015

Annibale (e non ce lo volevo)!

Quando ho scritto Neapolis - Il richiamo della Sirena speravo ardentemente che, nell'affrontare eventuali futuri romanzi, non avrei mai dovuto confrontarmi con personaggi storici di grande rilevanza.
Per uno scrittore, il personaggio importante è difficile da trattare in un romanzo che parla d'altro (le mie opere hanno come obiettivo la storia di Napoli) perché tende a manipolare l'azione, ad accentrare l'attenzione su di sé, tende a diventare l'oggetto unico della curiosità del lettore che dimentica il resto.
Poi ci sono i motivi squisitamente storici: di un personaggio famoso tutti sanno tutto ma, soprattutto, ciascuno ha una propria idea, una propria opinione, e il margine per romanzare la sua azione viene terribilmente assottigliato, quando non scompare del tutto. Insomma, una bella gatta da pelare, con la quale non mi volevo assolutamente confrontare.

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