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lunedì 15 aprile 2024

"Kapu" o "Capua"?

I miei lettori di più vecchia data sanno che cerco di curare alcuni aspetti delle mie opere che possono sembrare marginali, o indurre perfino confusione. Uno di questi aspetti è la lingua
Quando ho cominciato a scrivere Kapu - Racconti della Caduta come parte integrante di quello che è diventato Neapolis - I Signori dei Cavalli, sapevo già che avrei dovuto giostrarmi tra almeno cinque lingue: ovviamente, l'italiano del lettore, il greco di Neapolis, il latino dei romani, il punico (per quanto poco) dei cartaginesi, e l'osco dei campani/capuani.
Naturalmente, spesso questa cura si limita solo ai nomi di persone e cose, ma a volte si estende a usi, costumi, unità di misura… A voler essere attenti, diventa un groviglio di parole usate ora in un modo, ora in un altro. Il caso più evidente è il nome di Annibale, ora scritto alla romana (Hannibal), ora alla punica (Hanni-baal, “dono di Baal”), ora alla greca (Annìbas). Per l'osco, del quale non ho trovato la trascrizione, ho usato la forma italiana.
Tra tutte, l'osco era la lingua comparativamente meno nota, ma la mia scelta era dettata anche dal voler porre il lettore italiano nel punto di vista dei campani.
Ciononostante, quando ho usato il nome della Capua osca, l'ho fatto scrivendo “Kapu”. Perché?

Moneta dell'antica Capua, datata tra il 216 e il 211 a.C. del valore di un'“uncia” (7.09 g). Sul fronte appare la testa di Diana, con arco e faretra sulla spalla sinistra; sul retro è raffigurato un cinghiale selvatico e un punto che indica il valore della moneta. L'iscrizione, retrograda (da sinistra verso destra) si legge KAPU in alfabeto osco. Fonte: Wikipedia

Basta leggere le iscrizioni sulla monetazione campana dell'epoca per osservare diverse cose ma, innanzi tutto, l'alfabeto osco non è quello latino. A prima vista, privo della grazia data dalla rotondità di una “O”, per esempio, sembra quasi runico, ma osserviamo le lettere di “KAPU” a cominciare dalle vocali.
La “A”, la seconda da destra, non è riconoscibile, mentre la “U” è per così dire coricata verso sinistra.
La “P”, come la “C”, sono graficamente greche, a testimonianza dell'influsso del greco sull'alfabeto osco.
Dunque, ecco come i cittadini di Capua chiamavano e scrivevano la loro città: Kapu! E nello scrivere un romanzo che forse per la prima volta si pone nel punto di vista non dei vincitori romani, non dei principali sconfitti cartaginesi, non dei testimoni greci con diverse sorti (Taranto e Syracusae persero la loro indipendenza, il regno macedone di Filippo divenne il seguente nemico giurato di Roma, Neapolis si confermò valida alleata), non in quello dei più valorosi e riconosciuti arcinemici di Roma, i sanniti, ma in quello dei campani spazzati via senza rimedio, potevo trascurare un elemento di così evidente identità?
È una bella terra, la mia, con molta storia, e non pretendo che Kapu - Racconti della Caduta ne narri più che una breve pagina, ma densa e sconosciuta.

domenica 14 aprile 2024

Kapu e il Kampanon

I luoghi di Kapu - Racconti della Caduta indicati dalla Tabula Peutingeriana.

Il titolo non tragga in inganno: Kapu - Racconti della Caduta non incentra la propria attenzione sulla sola Capua.
Il Kampanon, quella che per i latini era la Campania Felix, era una terra ricchissima, la terra di un popolo orgoglioso e fiero. Persino il console Terenzio Varro, nell'immediatezza della disfatta di Canne, fa un rapido calcolo dell'esercito che Kapu avrebbe potuto mettere a disposizione di Roma.
“Dovreste proseguire questa guerra in vece nostra” si avventura a dichiarare il magistrato all'ambasceria che lo ha raggiunto a Venosa. “In Campania potrebbero essere arruolati trentamila fanti e quattromila cavalieri”, esorta, secondo Tito Livio.
Sono numeri importanti, soprattutto alla luce di come era composto un esercito romano, e della fama dei cavalieri campani.
Di fatto, il titolo di Neapolis - I Signori dei Cavalli era giustificato proprio dall'importanza della cavalleria campana per l'esercito romano, e parte della difficoltà di Roma nello sconfiggere Annibale durante la Seconda Guerra Punica si deve proprio alla defezione di Capua, la cui cavalleria sarebbe stata un più che valido antagonista per la cavalleria numidica del cartaginese, che era sì nutrita (circa diecimila effettivi), ma leggera.
I cavalieri campani erano di altra pasta: erano pari agli equites romani e spesso gareggiavano con loro in valore e capacità (in Kapu - Racconti della Caduta sono riportati alcuni episodi di tale rivalità), ma nelle parole del console Varro troviamo la più sincera ammissione dell'importanza della cavalleria campana: “trentamila fanti e quattromila cavalieri”.
Sono numeri bizzarri, per un console, perché un esercito consolare era tradizionalmente composto da due legioni, ciascuna con circa 4200 fanti e seicento cavalieri romani. Varro chiese pertanto ai campani il supporto di almeno tre eserciti consolari!
Ma restiamo alla carta pubblicata più su e leggiamone i nomi, alcuni riconoscibili, altri meno: Capua, Puteolis, Atella, Suessula, Nola, Nuceria, Calatie, Beneventum, Herdoniae, Iovis Tifatinus, Castra Annibalis, Ad Diana, Telesie, Geronum, Casilinum, Cale, Casinum, Cuma, Literno, Vulturno, Sinuessa. E questi sono solo i luoghi presso i quali si svolgono alcune azioni del volume!
Nel volume vengono citate altre località (Argirippa, Canne ovviamente, Acerrae, Hamae, Cominium Ocritum, Saticula e altre ancora) che in questa carta non appaiono.
Delle località raffigurate, solo poche sono realmente scomparse, altre hanno cambiato nome: Capua è oggi Santa Maria Capua Vetere, Casilinum è Capua, Calatie è Maddaloni, Ad Diana è Sant'Angelo in Formis; il non indicato Cominium Ocritum è oggi Cerreto Sannita e Saticula è nel territorio della maestosa Sant'Agata dei Goti!
In tutte queste località s'è fatta la storia di un tempo, ma sebbene ai nostri ragazzi venga insegnato dell'arrivo di questo incredibile generale che fu Annibale, ben poco gli viene detto che calcò questi luoghi, e meno ancora gli viene detto di come ne fu impressionato!
Io ne sono rimasto meravigliato, mentre leggevo i classici, e un piccolo sogno mi si è destato: poter presentare l'opera che sarebbe nata da questa mia ricerca in ciascuna delle località menzionate.
Poche cose, infatti, sono potenti come il sentimento dell'eredità storica, al punto di renderla un sentimento persino molesto, nelle mani sbagliate: quante volte disturba la vanagloria di chi si bea delle glorie del passato senza aver mai realizzato granché?
Kapu - Racconti della Caduta nasce con questa pretesa: dare un motivo di orgoglio sano e fondato a tutte queste località presso le quali è stata la fatta la storia di un'epoca.
Perché quando Annibale giunse per la prima volta nella pianura campana, ne rimase così impressionato che…
Eh, no! Se volete saperne di più, dovrete aspettare il prossimo post, e se vorrete sapere tutta la storia, la racconto in Kapu - Racconti della Caduta.

domenica 7 aprile 2024

Kapu - Racconti della Caduta

Un titolo dovrebbe avere la facoltà prodigiosa di catturare l'attenzione del lettore, fargli capire in tre parole qual è la vicenda che il romanzo narra, titillarne la curiosità… Sono molti obiettivi per tre, quattro parole, ma alle volte è possibile, e quello di Kapu - Racconti della Caduta è uno di questi casi.
Ho più volte descritto Neapolis - I Signori dei Cavalli come un'opera che ha richiesto un notevole sforzo di documentazione, sempre in bilico tra l'essere schiacciata dall'invadenza di personaggi come Annibale e l'enormità di eventi come fu il bellum hannibalicum. Questo era lo scotto da pagare per soddisfare la necessità di attenermi ai fatti: la vicenda del romanzo non poteva stravolgere la Storia, ma doveva svolgersi in essa, e siccome questi eventi storici sono noti a molti, l'unico modo per evitare di scrivere sciocchezze è stato documentarmi nella maniera più profonda e accurata possibile.
Mentre così procedevo, mentre verificavo una fonte mediante il confronto con altre, una serie di personaggi di ogni grandezza hanno cominciato a prendere la scena. È assai probabile che per alcuni siano del tutto irrilevanti nomi come Vibio Virrio, Pacula Cluvia, Marcus Anicius, Vestia Oppia, mentre documentandomi ho visto il peso che le loro azioni hanno assunto nella trama più grande della guerra tra Roma e Cartagine, ed era tutt'altro che irrilevante!
I tratti di un'epopea di tipo nuovo perché non legata a un singolo personaggio, ma corale, prendevano forma, e siccome il mio obiettivo era terminare la storia di come Neapolis aveva sdegnosamente rifiutato di arrendersi a quell'Annibale che aveva appena ottenuto la sua più schiacciante vittoria contro i Romani, esse rimanevano sullo sfondo della vicenda, con la loro dimensione talmente più ridotta rispetto al motivo principale che sembravano da questo totalmente slegate, per tono, per stile, per forma, per contenuto.
In un primo momento avrei voluto inserire queste storie in un grande volume sulla resistenza di Neapolis ad Annibale, ma l'occhio più navigato dell'editore individuò immediatamente la pecca di quest'impostazione: sarebbe stato meglio ripulire il materiale de I Signori dei Cavalli da troppe interferenze, che hanno così avuto modo di essere riunite in una raccolta che le dignifica maggiormente.
Durante del tempo non mi è stato possibile pubblicare la raccolta, ma finalmente ho trovato un editore interessato (in realtà, non ho infuso molto impegno in questa ricerca, per una forma di riservatezza che è così mia. Ah, a saperlo prima!), che ha valutato positivamente il testo, e stiamo ora valutando tutti quei dettagli che portano un manoscritto in libreria.
Ecco dunque Kapu - Racconti della Caduta. Laddove Neapolis è più alto, luminoso, a tratti filosofico, e comunque incentrato sulla vicenda dell'ipparco neapolitano, Kapu è più “plurale”, corale, cupo, teatrale a tratti, diversificato e molto, molto concreto. La moltitudine di storie indipendenti l'una dall'altra, unite solo dall'incombente tragedia nelle quali tutte insieme vivono, gli conferisce quell'atmosfera destrutturata che è così tipica delle cronache.
Vari sono i motivi che mi hanno convinto a realizzare questa raccolta, sebbene il principale va certamente cercato nelle mie radici: io sono un campano, non un napoletano.
Amo Napoli, di un amore viscerale e abbandonato, ma non posso nascondere di essere nato altrove. Certo, a molti potrà far sorridere che faccia distinzione tra Caserta e Napoli, poste a meno di 30 km l'una dall'altra, ma i campani e i napoletani sanno che l'una e l'altra sono realtà assai diverse.
E in effetti, fu durante una delle prime presentazioni di Neapolis - Il Richiamo della Sirena che un conoscente di vechia data mi si avvicinò per rimproverarmi bonariamente la forma di ingratitudine che mostravo verso la mia terra, volendo io, un campano, presentare un romanzo su Neapolis!
Sicché, mentre raccoglievo il materiale per I Signori dei Cavalli, e visto che Annibale non limitava certo le sue operazioni belliche a questa o quella regione, scoprivo anche che il Kampanon era stata una nazione ricca e contesa, prima di fare la scelta di bando che l'avrebbe condannata.
Questi eventi non avevano motivo di essere raccolti in Neapolis anche per un motivo di ordine spaziale e temporale: la gran parte di essi si svolge dopo il momento culminante del romanzo, e siccome il loro punto di vista si sposta dalla città sul golfo alla Kapu della pianura bagnata dal Volturnus, la discontinuità, la frattura nella narrazione sarebbe diventata intollerabile.
Dunque, ecco Kapu - Racconti della Caduta, che già nel titolo si presenta come il contraltare di Neapolis - I Signori dei Cavalli: l'espressione di tante piccole miserie nel primo, laddove il secondo esalta le virtù dell'eroe magnogreco; la dimostrazione della precarietà dell'immotivata vanagloria contro l'esaltazione della fedeltà costante.
Né i personaggi di Kapu sono del tutto negativi. La raccolta parla di eroi, grandi e piccoli, di momenti importanti anche se meno noti, perché è questo il compito che mi sono prefisso col mio scrivere: dare motivi fondati d'orgoglio dei miei conterranei, ché non poggino i loro modi su mezze verità e false conoscenze, ma che sappiano che hanno ragioni certe per sentirsi orgogliosi, altre ragioni rispetto a quelle che essi sembrano conoscere.
Infine, c'è il leit-motiv che unisce tutte queste mie opere, ed è la scoperta di momenti della storia della nostra terra che non sfigurano affatto accanto a storie, leggende o miti di qualunque altra parte del mondo e in qualunque altro tempo! L'esempio più immediato che mi viene in mente sono i racconti dei cavalieri cortesi che siamo abituati a collocare nel Medio Evo francese o inglese, con sfide e duelli a singolar tenzone. Non avrei mai immaginato, prima di imbarcarmi in quest'opera, di ritrovarmeli narrati da Livio alle porte dell'antica Capua, e non un sola volta!
Ecco dunque perché si rendeva necessaria questa raccolta di racconti: perché spero che desti meraviglia, vieppiù corroborata dalla consapevolezza che, nella maggior parte dei casi, narra storie vere.
Come fare per rendere prima disponibile il volume? Ho bisogno di lettori disponibili a comprarlo oggi! Chi desidera una copia, può prenotarla contattandomi per posta elettronica o lasciando un commento sotto questo post. Il prezzo di copertina è sotto i 20€, e chi prenoterà il volume da me, potrà riceverlo autografato! Che dite, ci riusciamo?

domenica 1 ottobre 2023

Si Ricomincia in Libreria!

Dopo diverso tempo senza aggiungere contenuti, torno su queste pagine per un evento inaspettato quanto lieto: i volumi di Neapolis sono stati invitati a contribuire alla mostra a tappe Euploia - Revealing the origin of Parthenope, organizzata da Materia Viva, e visitabile tra il 4 e il 21 ottobre presso la Cappella Vecchia, la Rampa Caprioli, Pizzofalcone, via Nicotera su Monte Echia, a Napoli (naturalmente).
Logo della mostra itinerante Euploia - Revealing the origin of Parthenope

Logo della mostra itinerante Euploia - Revealing the origin of Parthenope

Presso la Feltrinelli, tra i (certamente) innumerevoli e preziosi volumi su Parthenope, è stata allestita una vetrina coi miei!
Vetrina della Fenltrinelli in Piazza dei Martiri a Napoli. In esposizione, i volumi di Neapolis.

Vetrina della Feltrinelli in Piazza dei Martiri a Napoli. In esposizione, i volumi di Neapolis.

È piacevole essere contattati in questo modo e per simili iniziative, e spero di potervi dire di più a breve. Per ora condivido la mia soddisfazione.
In cosa sono stato occupato in questi due anni? È stato un periodo difficile, molto, a livello personale e letterario. Ho cercato di progredire su quest'ultimo fronte come dimostra la serie di racconti brevi che ho pubblicato, soprattutto su BraviAutori. Ma il mio interesse per Neapolis e Parthenope non è scemato, anzi: al contrario sono andato a fondo della leggenda e della storia, e ho scoperto ancora una volta un mondo insospettabile, che spero di poter portare alla luce nel prossimo, terzo volume.
E siccome ho scoperto cose che mettono in discussione la percezione classica delle divinità greche, le loro origini, il loro significato, la mia ricerca ha coinvolto anche i primi due volumi, con aggiustamenti marginali ma che dovranno essere apportati per la coerenza dela trilogia.
E Kapu - Racconti della Caduta. Non mi è stato possibile pubblicarlo per mancanza di risorse. Inutile girarci intorno, il mondo nel quale viviamo va così, e “senza soldi non si cantano messe”.
Sto cercando soluzioni creative per poter pubblicare, delle quali vi terrò al corrente a tempo debito, ma per me sarebbe assai confortante ricevere un segno di supporto da parte dei lettori. Potete lasciarlo nei commenti a questo post.
A rivederci presto!

mercoledì 23 dicembre 2020

Neapolis, Kampanon, Italía

Nello scrivere un romanzo, che è pur sempre un'opera di fantasia, credo che ogni scrittore si proponga un obiettivo che non è solo comunicativo, ma anche stilistico. Non è importante solo il messaggio, ma anche come lo si comunica, perché gli strumenti usati sono essi stessi veicolo del messaggio.
Un esempio abbastanza lampante di quest'affermazione ce l'offre la musica, capace di trasmettere stati d'animo con la semplice scelta di un tempo, e infatti nell'opera classica incontriamo i termini grave, allegro, vivace e vivo con diverse loro varianti, tutte indicanti un ritmo, ma riferibili benissimo a uno stato d'animo.
Già nella prefazione a Neapolis - Il Richiamo della Sirena avevo chiarito che uno degli obiettivi che mi sono prefisso coi miei romanzi è la riscoperta di momenti alti sebbene in larga parte dimenticati della storia di Napoli e della Campania. Da un lato non volevo rinunciare a dare una componente fantastica a questi romanzi, per motivi più o meno immaginabili e altri più personali, e sui quali mi riprometto di tornare per non perdere ora di vista l'obiettivo di questo post; dall'altro questa componente andava assolutamente bilanciata con la realtà storica degli eventi narrati, o avrei del tutto vanificato il mio intento dichiarato: chi avrebbe mai creduto alle vicende di un romanzo di pura fantasia? Non potevo insomma permettere che proprio il mio scrivere volesse dire: “Opera di pura fantasia, come autocertificato dal loro autore”!
Credo che lo sforzo di cercare continuamente quest'equilibrio tra il lato storico e quello fantastico sia premiante per l'opera, che acquista profondità mentre tento di coniugare e armonizzare questi due poderosi motivi creativi: unirli e non contrapporli è ciò che a mio parere rende unici questi romanzi, e credo anche che conferisca loro un'identità sfacciatamente napoletana, in perenne tensione tra un passato palpabile quotidianamente nelle onnipresenti credenze popolari, e un futuro sempre anelato e predicato come la porta del riscatto di una città che è stata avanguardista per secoli.
Riscoperta di momenti storici, dunque, ovvero di fatti realmente avvenuti. Ma i romanzi, anche quelli puramente storici, devono così tanto alla fantasia che è obiettivamente difficile convincere il lettore della verità di quanto si scrive senza altro strumento che la narrazione, anche perché la narrazione è spesso così incredibile che mette essa stessa in dubbio la veridicità delle vicende eposte.
Tra scrittore e lettore esiste però una specie di patto, segreto e non scritto, che i critici hanno codificato e al quale hanno dato un nome, la “sospensione dell'incredulità”: un artificio tecnico dello scrittore che fa leva sulla predisposizione del lettore a seguire la narrazione che quello gli propone. Non sono in grado di farne un'esposizione scientifica ed esaustiva, ma è chiaro che il lettore di una fiaba si trova in un tale stato mentale quando accetta e segue una narrazione di draghi, ad esempio. Per i miei romanzi, la sospensione dell'incredulità non era uno degli obiettivi, ma uno dei principali!
Quando riesce bene, la sospensione dell'incredulità ha generalmente motivo d'essere per tutta la durata dell'opera, che può essere un libro, un film o un'opera teatrale. Un romanzo storico deve però avere un'ambizione più grande, deve andare oltre le proprie pagine, perché le vicende narrate non sono opere di pura fantasia. Il mio uso della sospensione dell'incredulità deve quindi seguire questa considerazione e diventare “induzione al dubbio”: volevo che, terminata la lettura, nonostante gli elementi fantastici contenuti nella narrazione, il lettore si ponesse seriamente il dubbio che tutta la narrazione fosse reale, perché questo sarebbe stato l'unico modo di accertarmi che sarebbe andato a verificare ciò che io avevo solo raccontato. Quel momento di indagine autonoma del lettore, e non l'acritica accettazione della mia personale narrazione era ciò che desideravo raggiungere!
In Neapolis - Il Richiamo della Sirena sono presenti numerose note a pie' di pagina che rimandano ai passi nei quali storici e archeologi, dai tempi della vicenda e fino ai giorni nostri, hanno scritto ciò che io mi sono spesso limitato a rimettere in bella forma e ad armonizzare in un'unica opera. Speravo che una tale quantità di evidenze avrebbe destato la curiosità dei lettori.
Neapolis - I Signori dei Cavalli è alquanto diverso dal primo romanzo. Sviluppato per celebrare l'azione eroica di un uomo del quale ci restano pochissime, concitate righe di Tito Livio, il racconto si svolge nella più ampia e opprimente narrazione del bellum hannibalicum, costringendomi così a un'operazione di certosino recupero di ogni minimo dettaglio che fossi in grado di reperire nella marea di eventi riportati dagli storici. In un certo senso, è stata una personale “campagna di scavi archeologica-narrativa”, come quando ci si imbatte nei resti di una fornace di duemila anni fa e, tra gli infiniti frammenti dei vasi andati in pezzi durante la loro lavorazione, si cerca di ricostruirne uno in particolare. Nessun museo proporrebbe una didascalia che spiega per filo e per segno il restauro di ciascun singolo frammento e la loro successiva ricomposizione, ma offrirebbe alla contemplazione del pubblico il vaso ricomposto, la spiegazione dei suoi motivi decorativi, perché il vaso e non l'opera di restauro sono l'oggetto della visita del pubblico.

Porzione della Tabula Peutingeriana che illustra la parte di Italia tra Puglia e Campania ai tempi di Augusto.

Neapolis - I Signori dei Cavalli ha raccolto queste considerazioni, e contiene assai meno note di quante ne contenesse il suo predecessore. I richiami? Una bibliografia raccoglie tutte le fonti che ho usato per realizzarlo, e non solo. Tra le appendici è anche inclusa una lista dei nomi, dal momento che questi sono cambiati nel tempo, spesso perdendo il contatto col loro significato etimologico: le persone non ricordano oggi perché i tali luoghi hanno tali nomi. Ripeto che tutto questo sforzo aveva il duplice obiettivo di attivare la sospensione dell'incredulità e rendere tangibile, reale, non solo realista la narrazione offerta, e siccome ogni nota a pie' di pagina ha il potere di interrompere una narrazione come poche cose, e con essa ogni sospensione dell'incredulità faticosamente raggiunta, ho preferito condensare nelle appendici i richiami alle fonti dell'opera.
Quanto si può rendere reale un romanzo? Avrebbe senso proporre tavole illustrate come accade con alcuni libri per ragazzi? La domanda è risposta a sé stessa: no, perché automaticamente il romanzo verrebbe etichettato come “per ragazzi”, cosa che chiaramente non è. L'unica eccezione a questa regola sarebbe stata qualcosa di palesemente colto (sebbene la cultura di molti ragazzi superi notevolmente quella di molti adulti), un documento dell'epoca intelleggibile ancora oggi. La Tabula Peutingeriana, che chiude il volume, ha queste a altre caratteristiche.
È una mappa dei luoghi, un tratto di unione tra quel tempo e il nostro che dimostra come i luoghi dei quali scrivo siano esattamente gli stessi che noi calchiamo oggi. La mappa originale fu probabilmente fatta realizzare da Marco Vipsanio Agrippa, il genero di Augusto, per illustrare la rete viaria pubblica dell'impero. Alla morte dell'imperatore, la carta fu incisa nel marmo. Nel tempo, copie della carta furono realizzate, e quelle in nostro possesso discendono tutte da un'unico esemplare del XII-XIII secolo dato a conoscere dall'antiquario del '500 Konrad Peutinger, oggi ospitato presso la Hofbibliotek di Vienna, e posto nel 2007 dall'UNESCO nel Registro della Memoria del mondo.
La mappa non è geograficamente esatta, indica le distanze tra le località giacché Augusto aveva realizzato il riordino della rete viaria romana, ma a una prima occhiata è difficile trovare un'immediata somiglianza tra il suo contenuto e le carte moderne. Il nord, ad esempio, è alla destra della mappa.
Dal momento che i fatti narrati in Neapolis - I Signori dei Cavalli si sono svolti per lo più tra Campania e Puglia, il volume offre una riproduzione della porzione della mappa relativa a questa regione. Non mancano dettagli che spero sorprenderanno piacevolmente il lettore, e vorrei commentare quelli che sono già stati pubblicati mediante diverse fonti.
La prima immagine di questo post raffigura la mappa a corredo del volume nella sua interezza: essa raffigura parte dell'Italia da Terracina a Salerno sul versante tirrenico (parte inferiore della mappa) e da Vasto (Istonium) a Brindisi su quello adriatico. In questa porzione dello stivale si mosse Annibale tra il 214 e il 216 a.C.
Una bellissima foto, molto evocativa, è la seconda, già circolata sul web, dove sono indicate alcune delle località principali dell'azione del romanzo: l'immagine è centrata su Capua, la nota sede degli “ozi” (dei quali ho già estesamente scritto), intorno alla quale sono visibili Puteolis, Calatie, Suessula, Atella e, ovviamente, Neapolis. Sul monte alle spalle di Capua non si legge completamente la dicitura “Castra aniba(lis) - Iovis Tifatinus”.

Dettaglio della Tabula Peutingeriana nella regione tra Capua e Neapolis, come sarà offerta a corredo di ogni copia di Neapolis - I Signori dei Cavalli.

Immediatamente, nomi di oggi e del tempo si confondono, diventano estranei eppure evocativi. È il caso di Calatia, Suessula e Atella, all'epoca degne di apparire su questa mappa, e che oggi godono di assai minor fortuna. Eppure, Atella è stata la patria di un genere di commedia (l'atellana) che ha avuto un enorme successo in epoca romana, e alla quale vengono attribuiti tutta una serie di motivi e caratteristiche di quella che è poi diventata la grande tradizione del teatro comico napoletano. Di questa città sappiamo che diede i natali a diversi personaggi di una certa rilevanza, a massimi magistrati della federazione campana durante la guerra di Capua contro Roma al tempo dell'alleanza con Annibale, ma le sue rovine non sono oggi meglio individuate nel territorio tra Frattaminore, Orta di Atella, Sant'Arpino e Succivo.
Suessula era un nodo commerciale di una certa importanza posto in località Calabricito, nell'attuale comune di Acerra, lungo la strada che conduce a Nola. Di esso restano gli scavi posti accanto alla Casina Spinelli, che ha raccolto gran parte dei reperti della zona scoperti dall'800 alla Seconda Guerra Mondiale. Al termine del conflitto, i reperti furono donati al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dove costituiscono la Collezione Spinelli.
Calatia, oggi posta nel territorio di Maddaloni, al confine con San Nicola la Strada, fu una città fortificata etrusca, campana e poi romana posta lungo la Via Appia. Non grandissima per dimensioni, ebbe rilevanza strategica e politica, e i suoi resti sono oggi raccolti nell'interessante Museo Archeologico di Calatia, aperto solo nel 2015.
Nella stessa zona la mappa riporta una gran quantità di ulteriori toponimi: Herclanum, Oplontis, Stabios, Pompeis, Surrento, Templ. Minerve, Nola, Nucerie, Caudio, Benevento, Avellino, Cajatie, l'attuale abbazia benedettina di Sant'Angelo in Formis (ad Diana), Syllas, Adlefas, Casilino, Cale, Teano Sedicino, Telesie, Literno, Cumas, Vulturno, Ad Nonum, Sinuessa… Sarà facile riconoscere alcuni luoghi, meno facile altri, eppure lo sforzo premierà chi lo affronti, gratificandolo col sapore della scoperta di un'antichità forse ignota ai più.
Quest'antichità, che indica un'organizzazione e uno sviluppo difficilmente contrastabili altrove a quel tempo, è ciò di cui dovremmo essere orgogliosi noi campani, e non tanti primati di dubbia consistenza, perché l'orgoglio ha valore solo per ciò che si è o si ha, non per un obiettivo raggiunto da qualcun altro, fosse anche nostro padre! Quest'antichità è il tesoro che abbiamo e che dobbiamo imparare a tenerci stretto perché unico al mondo, e per raggiungere quest'obiettivo è nostro dovere pretendere programmi educativi più specifici, un'istruzione più robusta, seria, profonda, un'apertura a collaborazioni culturali e la realizzazione di progetti per la promozione di tutto il territorio, probabilmente uno dei pochi al mondo che potrebbe davvero vivere di un turismo facoltoso e di qualità.

sabato 31 ottobre 2020

Decifrare una Storia (I)

Riprendo questi post dopo tanto di quel tempo che è stata un sorpresa “scoprire” quanto la trama fosse ben stesa fin dai suoi primi abbozzi.
In particolare, già a marzo 2015 avevo descritto buona parte del materiale che mi ha portato alla realizzazione di Neapolis - I Signori dei Cavalli. Buona parte, ma non tutto.

giovedì 15 ottobre 2020

Una Storia Nuova, Una Storia Che Si Rinnova, E Molti Racconti

Finalmente, ci siamo! La gestazione del nuovo romanzo è stata davvero lunghissima (un primo accenno a questa fatica l'ho qui pubblicato più di sei anni fa), ma non senza motivo.
Ho cominciato il sequel di Neapolis - Il Richiamo della Sirena appena terminate le presentazioni del romanzo, e credo che l'entusiasmo di imbarcarmi in una nuova avventura letteraria fosse comprensibile: ricevevo (vedevo) interesse per la mia scrittura, per la storia che avevo raccontato e, soprattutto, ne avevo già scoperto un'altra che prometteva di essere incredibilmente accattivante.
L'interesse per questa storia non è scemato col tempo, ma sono accaduti diversi accidenti al suo scrittore: due cambi di nazione (dall'Olanda all'Italia, poi di nuovo in Spagna), ovvii cambi di lavoro, relativi riaggiustamenti della vita familiare…
E sono accaduti accidenti alla vicenda narrata: spero ricordiate che sono “inciampato” in Annibale, e la sua ingombrante presenza ha avuto conseguenze di notevole portata. Solo ora che quest'avventura è finita posso dirvi quali.

lunedì 20 luglio 2015

Gli Ozi di Capua - secondo Polibio

La settimana scorsa abbiamo finito di raccogliere le idee sull'attendibilità di Tito Livio quando ci narra degli Ozi di Capua, e siamo giunti alla conclusione che possiamo probabilmente considerare l'episodio come inventato di sana pianta dalla propaganda romana.
Quello che manca per esser certi di una simile affermazione è magari una testimonianza dall'altro punto di vista, quello cartaginese, ma sappiamo come andò a finire…
Sul promontorio di Hera Lacinia, nei pressi di Kroton, anticamente esisteva un tempio dedicato per l'appunto a Giunone, e che era molto venerato da tutti i popoli dell'antichità. Lasciando l'Italia per correre in soccorso della sua Cartagine, ormai minacciata dall'esercito romano guidato da Scipione, Annibale lasciò nel tempio qualcosa di immensamente prezioso: il diario della sua avventura in Italia inciso su di una colonna.
Resti archeologici di Capo Colonna

I resti del Tempio di Hera Lacinia a Capo Colonna. Qui Annibale lasciò un diario della propria impresa italica prima di tornare a Cartagine per difenderla da Scipione.
Fonte: Wikimedia Commons

mercoledì 15 luglio 2015

Gli Ozi di Capua: dopo Capua

La settimana scorsa abbiamo cominciato col mettere in dubbio le parole di Livio a proposito dei famosi Ozi di Capua, e abbiamo trovato nelle pagine dello stesso autore episodi che ci parlano di un Annibale incapace di prendere con le sole armi cittadine di modesta entità anche prima della sua permanenza a Capua. In questo post cercheremo di vedere cosa accadde dopo i famigerati Ozi.
Quando il tempo si fece più mite, Annibale guidò il suo esercito fuori dei quartieri d'inverno e marciò nuovamente su Casilinum.

[Tito Livio, Ab Urbe Condita, XXIII, 19]

lunedì 6 luglio 2015

Gli Ozi di Capua: prima di Capua

Ho promesso da diverso tempo di dedicare un post a un famoso episodio della Seconda Guerra Punica noto come gli Ozi di Capua, dunque è il momento di mantenere la promessa.
Il mio interesse per l'episodio è nato dal confronto tra le diverse fonti che ci hanno narrato il conflitto, anche se il solo racconto di Livio basta a suscitare notevoli perplessità. Odio farmi perplimere, dunque cerchiamo di vedere quali erano i miei dubbi, e quali sono le conclusioni che ho tratto.
Dopo Canne, Annibale viene raggiunto dagli emissari di Capua (deduciamo che Vibio Virrio fosse tra essi, come abbiamo visto in questo post), per siglare un'alleanza. Data la ricchezza della città Campana, quello era il più grosso ribaltamento diplomatico che il Cartaginese avesse ottenuto fino al momento, certamente tra i più grossi sperati, dunque si recò a Capua con l'esercito.

lunedì 22 giugno 2015

Il tradimento di Capua (parte III - L'esecuzione)

Terza parte di questa serie di post “complottisti” e senza immagini.
Sembra davvero incredibile che non si riescano a trovare fonti iconografiche relative agli eventi che sto riportando, ma ciò dovrebbe far riflettere sul fatto che questi sono così scarsamente considerati. Dubito che essi siano poco noti, perché le fonti letterarie sono della massima rilevanza, credo però che il punto di vista da me scelto, quello dei popoli campani, sia stato trascurato perché l'epopea di Capua è stata del tutto trascurata accanto alla grande guerra tra Roma e Cartagine.
Se vogliamo, lo stesso accade con la presa di Siracusa e la ri-presa di Taranto, contemporanee a questi eventi, ma quanti sanno collocarle esattamente nello schema più grande della Seconda Guerra Punica?
Ciò detto, riallacciandoci ai post precedenti, dopo aver mostrato che possiamo trascurare una chiave di lettura anti-imperialista del tradimento campano, abbiamo raccolto una serie di elementi che dimostrano tutta la cattiva fede di Capua nei confronti di Roma.

lunedì 15 giugno 2015

Il tradimento di Capua (parte II - Il progetto)

Innanzi tutto, devo attribuire la scarsezza di immagini di questi post alla mancanza di fonti iconografiche: potrei probabilmente trovare qualche immagine per il piacere degli occhi, ma preferisco inserirle se davvero aggiungono qualcosa alla discorso svolto nel post.
Nello scorso post ho cominciato a dissipare quelle che possono essere le tradizionali accuse rivolte a Roma per giustificare la rivolta di Capua durante la Seconda Guerra Punica. Se dunque la responsabilità di un simile atto non può essere addossata all'Urbe, cosa ci rimane?
Per formazione, sono una persona che non rifugge dalle proprie responsabilità, e invito tutti i nazionalisti sfegatati, gli ultras del territorio, a fare lo stesso e a seguire questi post perché, ancora una volta, vedremo che sono più di duemila anni che le persone di potere della nostra terra si comportano sempre alla stessa maniera.
So bene che le fonti alle quali attingo sono ovviamente di parte e filoromane, ma vedremo che la storia da esse riportata ha quella coerenza che è tipica della realtà, e non quella eccezionalità che è invece delle versioni ex post.
Conosceremo i nomi di diversi Capuani del tempo, a sottolineare che non possiamo neanche additare le colpe di questo misfatto a una sola persona, ma il principale artefice del tradimento a Roma viene individuato in Pacuvio Calavio. Di lui, Livio ne fa un ritratto con luci e ombre:

lunedì 8 giugno 2015

Il tradimento di Capua (parte I)

Alle volte non si riesce a tener dietro ai propri programmi, com'è accaduto a questo post: programmato come scadenza ma privo di contenuti, giovedì è comparso con due righe e nulla più. Cari lettori, meritate di più.
Neapolis - I signori dei cavalli è un'opera su molte cose: sul ricordare l'antichità e la nobiltà della cavalleria in Campania, sull'esistenza di un popolo Campano accanto al Romano, al Sannita e al greco di Neapolis, ma è soprattutto un romanzo che mette a confronto lealtà e infedeltà.

giovedì 28 maggio 2015

Kerrino Vibellio, detto Taurea

Il post di oggi lo dedico a un personaggio del quale certamente la maggior parte di voi ha udito poco o niente, e che è stato una scoperta anche per me. Mi riferisco a quel Kerrino (con ortografia latina tramandatoci come Cerrino) Vibellio, detto Taurea, che ho già citato alcune volte e che, sono sicuro, è passato quasi del tutto inavvertito.
Che ne sappiate poco o niente, è cosa ovvia: la storia del Taurea, come quella di Hegeas, viene eclissata da nomi come Annibale, Quinto Fabio Massimo Verrucoso detto il Temporeggiatore, Marco Claudio Marcello e, su tutti, Publio Cornelio Scipione detto Africano. D'altro canto, la Seconda Guerra Punica cancellò di fatto molte nazioni (si pensi a Siracusa e a Capua), e con esse i nomi dei loro eroi: anche questo è uno dei significati del detto “la storia la scrivono i vincitori”.

domenica 22 marzo 2015

Annibale (e non ce lo volevo)!

Quando ho scritto Neapolis - Il richiamo della Sirena speravo ardentemente che, nell'affrontare eventuali futuri romanzi, non avrei mai dovuto confrontarmi con personaggi storici di grande rilevanza.
Per uno scrittore, il personaggio importante è difficile da trattare in un romanzo che parla d'altro (le mie opere hanno come obiettivo la storia di Napoli) perché tende a manipolare l'azione, ad accentrare l'attenzione su di sé, tende a diventare l'oggetto unico della curiosità del lettore che dimentica il resto.
Poi ci sono i motivi squisitamente storici: di un personaggio famoso tutti sanno tutto ma, soprattutto, ciascuno ha una propria idea, una propria opinione, e il margine per romanzare la sua azione viene terribilmente assottigliato, quando non scompare del tutto. Insomma, una bella gatta da pelare, con la quale non mi volevo assolutamente confrontare.

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