Presentation Pages

Benvenuti!

Una parola di presentazione su questo blog

|

Attenzione!

Nota per gli studenti d'ogni ordine e grado
Visualizzazione post con etichetta Bibliografia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Bibliografia. Mostra tutti i post

sabato 14 novembre 2020

Decifrare una Storia (II)

Nell'ultimo post ho spiegato qual era lo scenario che condusse al momento che culmina la narrazione di Neapolis - Il Signore dei Cavalli: Annibale giunge alle porte della polis dopo Cannae e desidera prendere la città.
Tenta l'impresa con un atto di forza, e nello scorso post ho chiarito i motivi che a mio avviso fanno presumere che l'attacco segua una qualche iniziativa diplomatica. Lo fa perché si rende subito conto (contrariamente a quanto fa Livio) che mandare la sua prodigiosa cavalleria a infrangersi contro mura e bastioni sarebbe una follia suicida. È utile dare un'occhiata a queste mura il cui solo
aspetto […] distolse il Cartaginese dall'attacco della città: esse non offrivano alcun appiglio per un assalto.
[Ab Urbe Condita, XXIII]

Tratto delle mura greche lungo le Rampe Maria Longo, alle spalle dell'Istituto Comprensivo Casanova.

lunedì 20 luglio 2015

Gli Ozi di Capua - secondo Polibio

La settimana scorsa abbiamo finito di raccogliere le idee sull'attendibilità di Tito Livio quando ci narra degli Ozi di Capua, e siamo giunti alla conclusione che possiamo probabilmente considerare l'episodio come inventato di sana pianta dalla propaganda romana.
Quello che manca per esser certi di una simile affermazione è magari una testimonianza dall'altro punto di vista, quello cartaginese, ma sappiamo come andò a finire…
Sul promontorio di Hera Lacinia, nei pressi di Kroton, anticamente esisteva un tempio dedicato per l'appunto a Giunone, e che era molto venerato da tutti i popoli dell'antichità. Lasciando l'Italia per correre in soccorso della sua Cartagine, ormai minacciata dall'esercito romano guidato da Scipione, Annibale lasciò nel tempio qualcosa di immensamente prezioso: il diario della sua avventura in Italia inciso su di una colonna.
Resti archeologici di Capo Colonna

I resti del Tempio di Hera Lacinia a Capo Colonna. Qui Annibale lasciò un diario della propria impresa italica prima di tornare a Cartagine per difenderla da Scipione.
Fonte: Wikimedia Commons

lunedì 29 giugno 2015

Il tradimento di Capua (parte IV - Guerra in Campania)

Nell'ultimo post abbiamo raccolto indizi dell'enormità del tradimento campano: i notabili di Capua tentarono addirittura di approfittare dei rovesci di fortuna di Roma per ottenere che almeno un console fosse un campano.
Per quanto altisonante, ogni notizia va attentamente vagliata affinché una semplice diceria, spesso originata dalla propaganda del vincitore, non divenga ciò che non è, non assuma il rango di verità.
Dubitiamo, dunque, di quanto abbiamo narrato fin qui, e vediamo cosa accadde all'indomani del tradimento di Capua. Come si comportò questa città, suppostamente affrancata dall'arrogante dominio di Roma? L'obiettivo è valutare la consistenza delle accuse mosse dalle fonti filoromane partendo da altri eventi, dimodoché sia possibile cogliere un quadro d'insieme coerente o meno. Tralascerò per il momento ogni menzione dei famosi ozi che, come già promesso, tratterò in un prossimo post.
Cominciamo col dire che l'inverno del 216 a.C. Annibale lo trascorse coi suoi uomini a Capua o nei pressi, e uscì dalla città prima che giungesse la primavera del 215.

lunedì 22 giugno 2015

Il tradimento di Capua (parte III - L'esecuzione)

Terza parte di questa serie di post “complottisti” e senza immagini.
Sembra davvero incredibile che non si riescano a trovare fonti iconografiche relative agli eventi che sto riportando, ma ciò dovrebbe far riflettere sul fatto che questi sono così scarsamente considerati. Dubito che essi siano poco noti, perché le fonti letterarie sono della massima rilevanza, credo però che il punto di vista da me scelto, quello dei popoli campani, sia stato trascurato perché l'epopea di Capua è stata del tutto trascurata accanto alla grande guerra tra Roma e Cartagine.
Se vogliamo, lo stesso accade con la presa di Siracusa e la ri-presa di Taranto, contemporanee a questi eventi, ma quanti sanno collocarle esattamente nello schema più grande della Seconda Guerra Punica?
Ciò detto, riallacciandoci ai post precedenti, dopo aver mostrato che possiamo trascurare una chiave di lettura anti-imperialista del tradimento campano, abbiamo raccolto una serie di elementi che dimostrano tutta la cattiva fede di Capua nei confronti di Roma.

lunedì 15 giugno 2015

Il tradimento di Capua (parte II - Il progetto)

Innanzi tutto, devo attribuire la scarsezza di immagini di questi post alla mancanza di fonti iconografiche: potrei probabilmente trovare qualche immagine per il piacere degli occhi, ma preferisco inserirle se davvero aggiungono qualcosa alla discorso svolto nel post.
Nello scorso post ho cominciato a dissipare quelle che possono essere le tradizionali accuse rivolte a Roma per giustificare la rivolta di Capua durante la Seconda Guerra Punica. Se dunque la responsabilità di un simile atto non può essere addossata all'Urbe, cosa ci rimane?
Per formazione, sono una persona che non rifugge dalle proprie responsabilità, e invito tutti i nazionalisti sfegatati, gli ultras del territorio, a fare lo stesso e a seguire questi post perché, ancora una volta, vedremo che sono più di duemila anni che le persone di potere della nostra terra si comportano sempre alla stessa maniera.
So bene che le fonti alle quali attingo sono ovviamente di parte e filoromane, ma vedremo che la storia da esse riportata ha quella coerenza che è tipica della realtà, e non quella eccezionalità che è invece delle versioni ex post.
Conosceremo i nomi di diversi Capuani del tempo, a sottolineare che non possiamo neanche additare le colpe di questo misfatto a una sola persona, ma il principale artefice del tradimento a Roma viene individuato in Pacuvio Calavio. Di lui, Livio ne fa un ritratto con luci e ombre:

mercoledì 15 aprile 2015

Il ruolo strategico della cavalleria nella Seconda Guerra Punica

Nei post passati abbiamo cercato di valutare la qualità delle forze di cavalleria durante il conflitto librato da Annibale contro Roma. Ma perché Annibale decise di usare la cavalleria contro Roma? E la sua scelta era fondata e si rivelò vincente?
Come abbiamo visto soprattutto nel post sulla cavalleria numidica, la risposta alla prima domanda è scontata: non è la cavalleria in sé che Annibale cercava, ma un'arma dotata di rapidità e forza sufficienti a scompaginare e sbaragliare la fanteria di Roma. I numidi erano rapidi quanto basta, Annibale ne prese con sé un numero sufficiente per dotare il proprio esercito di quella potenza d'impatto che egli riteneva necessaria.
Alcuni dei presupposti sui quali egli fondò la sua scelta erano però sbagliati: c'era un motivo per il quale i Romani non avevano ancora sviluppato una forza di cavalleria degna dei reparti di fanteria, ed era l'orografia della penisola italiana.

In questa mappa sono poste a confronto l'orografia di Nord-Africa, Spagna e Italia. Delle tre regioni, la penisola italiana è certamente la più geologicamente tormentata.

sabato 11 aprile 2015

La cavalleria campana

Per molti sarà forse una sorpresa, ma in questa ridda di nomi altisonanti che abbiamo scambiato negli ultimi post (greci, romani, cartaginesi, numidi), trova la propria giusta collocazione un popolo del quale la storia così come ci viene insegnata sembra dimenticare quasi tutto: i Campani.
Quando ho affrontato la stesura de I signori dei cavalli, credevo che la morte di Hegeas avrebbe chiuso la vicenda: è un momento clou, alto, dove lo spirito di sacrificio splende in gloria, e il resto delle annibaliche vicende può sfumare nel sozzo sgozzume di una guerra.
Nessun'opera finisce però di punto in bianco, ed è proprio subito dopo il tentato assalto a Neapolis che invece cominciava la vicenda che fa da contraltare alla dimostrazione di lealtà di Neapolis: il tradimento di Capua.
Mappa della Campania al termine del III sec. a.C.

Mappa della Campania al termine del III sec. a.C.
Fonte: August Mau, Pompeii, Its Life and Art, 2013

sabato 4 aprile 2015

La Cavalleria a Roma

Dopo il post di sabato scorso, cominciamo a confrontare le diverse forze che incontreremo nel romanzo I signori dei cavalli, partendo da coloro che infine riuscirono vincitori dal conflitto: i Romani.
I signori dei cavalli ha come motivo portante la ricerca e la riscoperta della cavalleria, ed è stato sorprendente trovare episodi che sembrano presi dalle chansons de geste piuttosto che da autori classici, come le sfide a duello in singolar tenzone, con tanto di lancia, tra cavalieri romani e capuani.
Ma prima di addentrarci in tali stranezze, è bene fare un quadro chiaro della cavalleria all'epoca dei fatti narrati: quanto era importante negli eserciti? Che ruolo aveva? Chi erano i cavalieri?

Moneta romana al tempo della seconda guerra punica o immediatamente successiva (210–175 a.C.) che mostra sul recto il dio Marte con barba ed elmetto corinzio crestato e sul verso probabilmente la prima immagine di un cavaliere romano di epoca repubblicana con la dizione (L)ADINOD. Da notare l'elmo con pennacchi di crine di cavallo, una lunga lancia (hasta), un piccolo scudo (parma equestris) e un mantello fluttuante. Quincunx di bronzo della zecca di Larinum.
Fonte: Wikimedia Commons, licenza Creative Commons 3.0

sabato 28 marzo 2015

Hegeas Hipparchos

Giunto reduce da Canne vittoriosamente, Annibale tenta di assalire una città della costa, Neapolis, tentando di far cadere in un'imboscata le difese della polis.
L'anno è il 216 a.C., 30'000 uomini al comando del Cartaginese hanno fatto a pezzi un esercito monstre di 80'000 tra romani e alleati in una sola giornata nonostante, è bene ricordarlo, ci siano voluti ben otto mesi al Punico per prendere Sagunto, con tutti i rinforzi e le macchine d'assedio delle quali disponeva in Spagna. Quest'osservazione serva a mettere nella giusta luce la differenza che c'era all'epoca tra una battaglia campale e un assedio.
Invece di restare al sicuro dietro le mura (a lasciar cader pietre sugli assedianti), il comandante di cavalleria di Neapolis, al quale saranno rimasti sì e no trecento uomini, visto che molti erano caduti nelle precedenti battaglie dei Romani contro lo stesso nemico noto per astuzia, tecnica e consistenza numerica, si getta all'inseguimento di un gruppo di Numidi che fanno finta di saccheggiare il contado neapolitano, inoltrandosi “incautamente” (è il commento di Tito Livio che abbiamo riportato nello scorso post) in una serie di strade molto profonde (che lui, da comandante di quella stessa città, ovviamente non conosce…) poste a Nord della polis.
Vistosi perduto, invece di tornare verso la polis, il drappello supera gli acquitrini a oriente della stessa per cercare salvezza sulle imbarcazioni dei pescatori che in quel momento erano nel mare…

La Neapolis greco sannita del III sec. a.C. sovrapposta alla città attuale: a nord di Via Foria salgono colline con profondi letti di torrenti, già anticamente usati come strade. L'attuale Piazza Garibaldi, dov'è la Stazione Centrale, era paludosa fino al mare, a sud.
Mappa realizzata con Scribblemaps.

mercoledì 25 marzo 2015

Come è nato “I signori dei cavalli”

La fonte principale sull'assalto di Annibale a Neapolis è ancora una volta Tito Livio. Leggiamo il passo XXIII, 1 del suo Ab Urbe Condita per avere una prima versione dei fatti.
Subito dopo la battaglia di Cannae e la cattura e il saccheggio dell'accampamento romano, Annibale lasciò l'Apulia alla volta del Sannio, in seguito all'invito ricevuto da un tale chiamato Stazio Trebio, che aveva promesso di consegnargli Compsa se avesse visitato il teritorio degli Irpini.
[…] Lì Annibale lasciò tutto il bottino e il bagaglio, poi divise l'esercito in due divisioni, diede a Magone il comando di una e mantenne l'altra per sé. […] Lui stesso marciò attraverso il distretto campano verso il Mare Inferiore (il Tirreno) prevedendo di aggredire Neapolis in modo da avere una città accessibile dal mare.
Entrato nei confini di Neapolis, pose alcuni dei suoi Numidi in imboscata ovunque lo ritenesse conveniente, perché lì le strade sono per la maggior parte profonde, con molti tornanti nascosti. Agli altri ordinò di cavalcare fino alle porte conducendo innanzi a loro ostentatamente il bottino che avevano raccolto nei campi.
Siccome sembravano una forza piccola e disorganizzata, una truppa di cavalleria venne loro incontro, che fu attratta dai Numidi in ritirata nell'imboscata e circondata.
Non si sarebbe salvato un solo uomo se non fosse stato per la vicinanza del mare e per alcune imbarcazioni, per lo più da pesca, che essi videro non lungi dalla riva e che fornirono una via di fuga a coloro che erano buoni nuotatori.
Molti giovani nobili, comunque, furono presi o uccisi nello scontro, tra essi Hegeas, il comandante della cavalleria, che cadde mentre inseguiva troppo incautamente il nemico che si ritirava.
L'aspetto delle mura distolse il Cartaginese dall'attacco della città: esse non offrivano alcun appiglio per un assalto.

domenica 22 marzo 2015

Annibale (e non ce lo volevo)!

Quando ho scritto Neapolis - Il richiamo della Sirena speravo ardentemente che, nell'affrontare eventuali futuri romanzi, non avrei mai dovuto confrontarmi con personaggi storici di grande rilevanza.
Per uno scrittore, il personaggio importante è difficile da trattare in un romanzo che parla d'altro (le mie opere hanno come obiettivo la storia di Napoli) perché tende a manipolare l'azione, ad accentrare l'attenzione su di sé, tende a diventare l'oggetto unico della curiosità del lettore che dimentica il resto.
Poi ci sono i motivi squisitamente storici: di un personaggio famoso tutti sanno tutto ma, soprattutto, ciascuno ha una propria idea, una propria opinione, e il margine per romanzare la sua azione viene terribilmente assottigliato, quando non scompare del tutto. Insomma, una bella gatta da pelare, con la quale non mi volevo assolutamente confrontare.

mercoledì 12 giugno 2013

Phaleros: il primo nome di Parthenope

Mi sono recentemente accorto che, nel ripercorrere rapidamente la storia di Parthenope, ho appena accennato ad una fase relativamente importante, un periodo durante il quale la nostra città si chiamava Phaleros.
Questa fase storica, tramandataci dalle cronache greche e romane ma a suffragio della quale non rimangono evidenze archeologiche, ebbe luogo prima che Parthenope (qualunque cosa ella fosse) si arenasse sulla costa di Napoli.
Ripercorriamo un attimo la storia degli insediamenti locali: anticamente popolazioni autoctone vivevano nelle grotte (trogloditi) lungo la costa.
Questa costa offriva un approdo sicuro nell'isolotto di Macharis/Megalia (l'attuale Castel dell'Ovo) che fu così occupato da navigatori, alcuni propongono fenici.

venerdì 17 maggio 2013

Tour de Force

Carissimi, mi spiace di non essere riuscito a scrivere neanche un post per così tanto tempo, di non avervi tenuto al corrente di quanto accadeva sulle pagine di questo blog. A mala pena sono riuscito ad aggiornare la lista degli incontri mano a mano che l'editore riusciva a fissarne di nuovi. Insomma, quello che doveva essere una serie di alcune presentazioni è diventato un vero e proprio tour de force.
Anche per ovviare a situazioni del genere nel futuro, ho recentemente aperto una pagina su FaceBook dedicata al romanzo (il link è anche sulla colonna destra del blog). Chi desideri essere al corrente di cosa accade al romanzo giorno per giorno può collegarsi e “farsi piacere” la pagina. Va da sé che se condividete la pagina con i vostri contatti non me ne lamenterò. :)
In questi giorni di attività frenetica l'episodio più rocambolesco è stata la perdita dell'aereo di rientro ad Amsterdam la mattina del 9 maggio: avevo sbagliato a leggere l'orario del volo e… perso! In undici anni non mi era mai capitato.
Poco male: l'editore ha approfittato abilmente della mia aumentata disponibilità di tempo per proporre un'ultima presentazione la mattina di domenica 12, al castello di Lettere (NA), nell'ambito di una manifestazione più ampia.
Ma le date degli appuntamenti sono state comunque consultabili e mi pare il caso di tirare le somme di quest'esperienza, tanto per vostro beneficio, quanto per riordinare le mie idee.

Visualizza Neapolis - Il richiamo della Sirena - Tour di Presentazioni in una mappa di dimensioni maggiori.

domenica 3 febbraio 2013

Sanniti!

Dopo aver tanto parlato di Romani e Greci, all'ora di comprendere l'entità del pasticcio nel quale Neapolis, permettendo ad uno stanziamento Sannita di stabilirsi in Parthenope, si era cacciata, manca probabilmente al lettore un elemento fondamentale: la conoscenza di questo popolo italico che ebbe l'onore di tenere in scacco i Romani per tanto tempo e che inflisse agli stessi una delle più cocenti e dolorose batoste della loro storia, le ben note Forche Caudine.
Non pretendo di scrivere un articolo enciclopedico in questa sede, un post amatoriale non è il luogo per un'impresa del genere, ma posso provare a delineare alcune delle conoscenze più rilevanti che abbiamo sui Sanniti. Quando necessario, indicherò anche fonti esterne grazie alle quali il lettore, se lo vuole, potrà ulteriormente e più approfonditamente documentarsi.

Introduzione

I Sanniti furono un antico popolo italico stanziato in un territorio corrispondente agli attuali territori della Campania, dell'alta Puglia, del Molise, del basso Abruzzo e dell'alta Lucania. Parlavano la lingua osca, una lingua indoeuropea del gruppo italico.
Cartina del territorio del Samnium durante le guerre contro Roma

Cartina del territorio del Samnium durante le guerre contro Roma. Fonte: Molise 2000 blog.

mercoledì 26 dicembre 2012

Il Grande Bluff (2/2)

Con quello di oggi chiudiamo la serie di post bibliografici. Sono stati numerosi, è vero, ma le fonti storiche sono le uniche che possono permetterci di avere un'idea di quanto accadde durante l'assedio del 326 a.C.
Senza indugio, riportiamo dunque quanto scritto da Livio nel suo Ab Urbe Condita, VIII, 26:
Nel contempo Ninfio, per parte sua, aveva raggirato il comandante del presidio sannita, portandolo a concedergli, poiché l'intero esercito romano si trovava o intorno a Paleopoli o nel Sannio, di arrivare per via di mare in territorio romano e di devastare non solo la costa ma anche i dintorni stessi di Roma.
La Campania Felix ai tempi del romanzo

A beneficio del lettore, ri-pubblico questa cartina della Campania Felix, ospitata su Wikipedia: dovrebbe risultare evidente che partire nottetempo da Neapolis per andare a devastare i dintorni stessi di Roma è un'esagerazione di Livio.

domenica 23 dicembre 2012

Il Grande Bluff (1/2)

Ed è giunto finalmente il momento di sciogliere il riserbo sul grande tema storico contenuto nel mio romanzo, ovvero come si concluse l'assedio romano a Neapolis nel 326 a.C.
In questo e nel prossimo post riporterò i due passi di Tito Livio che danno una versione dei fatti abbastanza vicina alla realtà, sebbene non del tutto convincente. Mi riserbo di illustrare in post futuri quali sono le conclusioni alle quali sono giunto sulla base delle fonti consultate.
Cominciamo dunque da Ab Urbe Condita, VIII, 25:
Lo stesso anno venne celebrato a Roma un lettisternio - il quinto dalla fondazione della città -, per propiziare il favore degli stessi dèi invocati nelle precedenti occasioni. Poi i nuovi consoli (Gaio Petelio e Lucio Papirio Mugillano, n.d.r.), su ordine del popolo, inviarono i feziali a dichiarare guerra ai Sanniti; questi ultimi non solo stavano compiendo i preparativi per il conflitto con un impegno ben più massiccio di quanto non ne avessero profuso nella campagna contro i Greci, ma ricevettero anche nuovi rinforzi da una parte alla quale in quel momento i Romani non avevano affatto pensato.

mercoledì 19 dicembre 2012

Demetra - Dea Madre

Nonostante la comune credenza che la società greca fosse estremamente maschilista, una delle sue divinità principali era Demetra. Chiamata Cerere dai Romani, Demetra non era solo la dea delle messi, ma da questa sua funzione nasce tutta una serie di attributi che la resero di fondamentale importanza per il calendario sacro e per la vita quotidiana dei Greci.
Statua di Demetra

Accanto, statua di Demetra. La cornucopia fa parte della sua iconografia di dispensatrice dei frutti della terra.

sabato 15 dicembre 2012

Un Anno d'Assedio

L'assedio di Neapolis durò più di un anno.
Fu certamente il primo assedio dei Romani a durare tanto tempo, e le ragioni possono essere innumerevoli, non ultima l'importanza strategica che il Senato dell'Urbe aveva dato alla polis greca nei propri disegni di espansione.
Ma stare qui a ragionare su tali questioni senza una conoscenza della contingenza è esercizio sterile. Se davvero vogliamo avere un'idea di quali potessero essere le ragioni romane e le difficoltà affrontate pur di raggiungere l'obiettivo prefisso, dobbiamo ascoltare una fonte dell'epoca.
La fonte in questione è, ancora una volta, Tito Livio, VIII, 23. È un passo estremamente interessante, perché traccia come pochi la complessità della situazione politica dell'epoca. Dunque, vediamo:
Entrambi i consoli informarono il senato che c'era scarsa speranza di pace con i Sanniti: Publilio informò che duemila soldati da Nola e quattromila Sanniti erano stati ricevuti a Palaepolis, —più per l'insistenza dei Nolani che per volontà dei Greci; Cornelio (informò) che i magistrati Sanniti avevano indetto una leva, e che tutto il Samnium era in tumulto, mentre le città confinanti di Privernum, Fundi, e Formiae erano apertamente invitate ad unirsi (alla leva).

sabato 1 dicembre 2012

Un Avversario Capace

Il cursus honorum

Schema del cursus honorum di un cittadino romano. Fonte: http://hrsbstaff.ednet.ns.ca (in inglese).

L'assedio a Neapolis tra il 328 ed il 326 a.C. fu condotto da un personaggio molto particolare. Quintus Publilius Philo ricevette dal senato romano l'incarico di assediare Neapolis (secondo la versione liviana Palaepolis, ma di ciò abbiamo già discusso in quest'altro post) dopo che tutte le vie diplomatiche si erano rivelate inefficaci.
In questo post cercherò di presentare questo personaggio che, al contrario di come viene presentato da Livio, non doveva essere assolutamente malvagio. Lo faremo presentandolo dal momento in cui divenne console, la carica più alta del normale cursus honorum per un cittadino romano. Cominciamo dunque dal primo resoconto che ce ne fa lo stesso Livio in Ab Urbe Condita VIII 12:

mercoledì 28 novembre 2012

Ricca ed Imbelle

Il mio romanzo ha anche, dichiaratamente, uno scopo sociale. L'auspicio è che i miei conterranei, specchiandosi nei personaggi e nei popoli che incontreranno in Neapolis - Il Richiamo della Sirena possano darsi una scossa, perché ritengo incredibile che, a distanza di duemilatrecento anni, determinati comportamenti possano essere perfettamente riconoscibili.
Mi riferisco soprattutto a come ho dipinto i Campani, gli abitanti di quella Campania Felix così coccolati dalla natura dei luoghi da essere incapaci di affrontare qualunque avversità senza piegarsi ad un nuovo padrone, ad un nuovo dominatore.
Mappa dell'antica Campania Felix

Il territorio della Campania Felix al tempo dell'antica Roma. Fonte: Wikipedia.

I Più Letti del Mese