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Nota per gli studenti d'ogni ordine e grado

domenica 7 ottobre 2012

Gli Insegnamenti Di Una Donna

Il periodo storico nel quale si svolge il mio romanzo è probabilmente stato uno dei più fecondi per l'umanità nella creazione di menti pensanti, se si tengono in considerazione i dovuti distinguo e le difficoltà del tempo. La società ellenica, in particolare, stava esprimendo i frutti più avanzati del pensiero occidentale per i seguenti diciotto secoli: i filosofi.
Tra tutti, Socrate aveva segnato un punto di svolta così forte e profondo col passato, che molta didattica separa la filosofia greca in pre- e post-socratici, in maniera poco diversa da quanto si fa con le date a.C. e d.C.
Di Socrate, che non scrisse nulla di proprio pugno, sappiamo ciò che hanno raccontato i suoi allievi, Platone il primo d'essi.
I critici hanno questionato spesso la fedeltà di Platone agli insegnamenti del maestro: siamo sicuri che quanto l'allievo ha attribuito a Socrate non fosse in realtà farina del suo proprio sacco? A distanza di duemilaquattrocento anni ritengo la cosa irrilevante: è al contrario meraviglioso che all'epoca qualcuno potesse esprimere le idee che troviamo nel “Simposio”.
Ho letto il “Simposio” durante una vacanza estiva, probabilmente il modo migliore di leggere a proposito della migliore società di Atene e dei discorsi che si tenevano nelle sue serate mondane, con Alcibiade sbronzo che tentava di adescare Socrate (sic!), ma ciò che più mi ha colpito è stato il ruolo che Platone attribuisce a Diotima.
Questa donna, che viene presentata come una sacerdotessa di qualche tipo giacché, nelle parole di Platone, prima della peste, fece fare agli Ateniesi quei sacrifici che ritardarono di dieci anni l'epidemia, diventa colei che addirittura educa Socrate, il maestro di Platone, a proposito di Eros.

giovedì 4 ottobre 2012

Chiacchiere D'Altri Tempi

Questo post avrebbe voluto avere una doppia chiave di lettura, ma vi renderete presto conto che non potevo farlo: sarebbe diventata una sterile polemica sugli uomini politici di oggigiorno.
Inutile osservare che tutti i miei post, probabilmente, hanno una doppia chiave di lettura, però in questo caso essa è talmente palese che trovo davvero sconveniente aggiungere qualcosa di mio agli insegnamenti della Storia.
Ancora una volta, ci imbatteremo in Alessandro il Macedone, questa volta lo storico è Plutarco, nella sua Vita di Alessandro, XIV.

lunedì 1 ottobre 2012

Una Terra Poliglotta

La Campania è stata da sempre una terra d'incontro tra culture diverse, e nel IV sec. a.C. le cose non erano assolutamente differenti.
Gli Osci/Sanniti erano forse la popolazione più diffusa, ma accanto ad essi troviamo Greci (principalmente a Neapolis), i Romani che cominciavano ad affacciarsi sul territorio (di fatto, Acerra era stata annessa alle tribù Mescia e Scapzia, guarda caso proprio ad opera di quel Quinto Publilio che assume tenta importanza nella vicenda narrata, ma le stesse Cuma e Puteolis erano state da poco sottratte ai Sanniti, e la ricchissima Capua si era letteralmente donata all'Urbe), gli Etruschi, gli Aurunci, i Volsci…
Ciascuna di queste popolazioni parlava una propria lingua, usava una propria scrittura, alle volte prendeva in prestito l'alfabeto di altre. C'è da stupirsi se i napoletani gesticolano tanto? :)

sabato 29 settembre 2012

Degli Amori

Un'ultima, doverosa nota, riguarda il tema dell'amore. In questo racconto si intrecciano diverse storie viste e vissute naturalmente con l'occhio (ed il cuore) dell'autore, ma modulate dalle esigenze imposte dalla cornice storica.
Sono storie di un altro tempo, di una cultura e di una società assai distinta dalla nostra, che certamente urteranno la sensibilità di molti. Se da esse si vuole direttamente estrapolare il sentimento dell'autore, attribuirgli ad esempio un'etichetta maschilista, si commette un grosso errore e si usa una chiave di lettura quanto meno fuorviante.
[…]
I personaggi che conoscerete vivono il sentimento abbandonandosi ad esso, non cercando di guidarlo, di controllarlo, perché quando ci provano, falliscono miseramente. Come anche noi, la moderna ed avanzata civiltà occidentale, stiamo fallendo, cercando di mettere un cartellino col prezzo o attribuire un'utilità a ciò che non ne ha per sua stessa natura.
Anche di questo, se sono riuscito a riflettere sul tema in questo modo, devo ringraziare Napoli, la sua anima di madre accondiscendente per gli amori giovanili di un figlio, di amante appassionata e gelosa, di poetessa sublime e raffinata.

mercoledì 26 settembre 2012

Tito Livio racconta il principio del Bellum Neapolitanum

Come già anticipato altrove, la nostra principale fonte di informazioni sulla guerra tra Roma e Neapolis è uno scrittore “nemico”: Tito Livio. In questo post commenterò i passi nei quali l'autore romano narra come sia scoppiato il Bellum Neapolitanum.
Cominciamo dalla seconda parte di “Ab Urbe Condita”, VIII-22:
[…]
C'era una città chiamata Palaepolis, non lontana dal punto in cui è ora Neapolis, e le due città erano abitate da un solo popolo. La loro città-madre era Cuma, e i Cumani derivano la loro origine da Chalcis in Euboea.

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