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lunedì 15 aprile 2013

Storia di Neapolis: dalla Fondazione ai Sanniti

Nel post precedente abbiamo visto che, al momento della fondazione di Neapolis, possiamo distinguere almeno quattro diverse ascendenze greche per la popolazione della città, nonché l'ovvia insistenza di elementi autoctoni e, chissà, qualcosa di fenicio.
Ma la Neapolis fondata dopo la vittoria dei greci sugli etruschi era, certamente in massima parte, greca. Ricapitolando, le tracce archeologiche individuano resti micenei, rodio-calcidici, cumani e, finalmente, siracusani.
Curioso è l'assetto urbanistico del quale si dota la città nuova, con la serie di insule così tipicamente greca da essere spesso citata come “ippodamea”.
Pianta della Neapolis greco-romana

Pianta della Neapolis greco-romana del Capasso. È evidente la trama regolare, cosiddetta “ippodamea”, di vie che suddivide la città.

domenica 24 marzo 2013

Storia di Neapolis: Fondazione

Uno dei tratti caratteristici di una storia ben scritta è, a mio avviso, la profondità della stessa. Con ciò, intendo indicare tutti quegli elementi che rendono reale la trama e, con la loro presenza, più robusta la sospensione dell'incredulità.
Siamo esseri umani che cerchiamo di compenetrarci in una storia, vaghiamo in essa sbirciando qui e là, condotti per mano dallo scrittore forse, ma ci ritroviamo spesso a guardare dettagli ai quali egli non ha dato l'importanza che diamo noi. Sembra una gita scolastica con una classe di discoli? Beh, ci va molto vicino! :D
Per ovviare alla curiosità del lettore, non credo che esista altro rimedio che soddisfarla, curando nel dettaglio la consistenza di tutta la storia.
In Neapolis - Il richiamo della Sirena ho descritto una città che era già antica quando la storiografia ufficiale comincia a parlarne: la sua fondazione era mitica, il suo passato a tratti tenebroso, eppure aveva già lasciato vestigia importanti. Nella serie di post che inauguro col presente, descriverò la storia di Napoli fino al momento dell'azione descritta nel romanzo. In questo post descriverò la fondazione della città.

domenica 3 febbraio 2013

Sanniti!

Dopo aver tanto parlato di Romani e Greci, all'ora di comprendere l'entità del pasticcio nel quale Neapolis, permettendo ad uno stanziamento Sannita di stabilirsi in Parthenope, si era cacciata, manca probabilmente al lettore un elemento fondamentale: la conoscenza di questo popolo italico che ebbe l'onore di tenere in scacco i Romani per tanto tempo e che inflisse agli stessi una delle più cocenti e dolorose batoste della loro storia, le ben note Forche Caudine.
Non pretendo di scrivere un articolo enciclopedico in questa sede, un post amatoriale non è il luogo per un'impresa del genere, ma posso provare a delineare alcune delle conoscenze più rilevanti che abbiamo sui Sanniti. Quando necessario, indicherò anche fonti esterne grazie alle quali il lettore, se lo vuole, potrà ulteriormente e più approfonditamente documentarsi.

Introduzione

I Sanniti furono un antico popolo italico stanziato in un territorio corrispondente agli attuali territori della Campania, dell'alta Puglia, del Molise, del basso Abruzzo e dell'alta Lucania. Parlavano la lingua osca, una lingua indoeuropea del gruppo italico.
Cartina del territorio del Samnium durante le guerre contro Roma

Cartina del territorio del Samnium durante le guerre contro Roma. Fonte: Molise 2000 blog.

sabato 12 gennaio 2013

Una Ricostruzione: Le Forze in Gioco

Siamo così giunti all'assedio di Neapolis da parte dei Romani, all'epoca il più lungo assedio sostenuto dalla crescente potenza. Nel post precedente abbiamo chiarito che effettivamente l'assedio fu posto all'intera Neapolis, non solo a Parthenope come riferisce Livio. In questo post cercheremo di capire quali erano le forze in gioco e che impatto poteva davvero avere l'assedio di un esercito Romano dell'epoca ad una città marittima come Neapolis.
Ricordiamo gli elementi a nostra disposizione:
gli inviati (Romani), se avessero potuto così fare conquistando il favore degli uomini influenti, avrebbero dovuto condurre la città (Neapolis) a ribellarsi ai Sanniti
È un'esplicita dichiarazione che i Sanniti avevano potere in Neapolis, o non avrebbe avuto nessun senso la richiesta romana.
in quello stesso tempo ambasciatori mandati dai Tarantini erano andati dai Neapolitani;
anche altri erano giunti, mandati dai Nolani

sabato 5 gennaio 2013

Una Ricostruzione: il Bellum Neapolitanum

Abbiamo lasciato l'ultimo post commentando un'ambiguità che potrebbe essere riassunta dal sottotitolo Bellum Neapolitanum e Triumphum Paleopolitanum.
Mappa dei due nuclei di Neapolis rispetto alla Napoli attuale

Mappa dei due nuclei di Neapolis rispetto alla Napoli attuale. Immagine ospitata sul sito web dell'I.C. Fiorelli.

lunedì 31 dicembre 2012

Una Ricostruzione: Antefatto

Con la fine di questo 2012 giungo alla serie di post più attesi (spero): la ricostruzione degli eventi storici raccontati in Neapolis - Il Richiamo della Sirena.
Sarà una serie di post di critica ed analisi delle fonti storiche che ho già presentato in precedenza, dimodoché qui indicherò dei rimandi, limitando al massimo le citazioni esplicite. Ciò è motivato soprattutto dalla lunghezza che ciascun post può avere senza tediare il lettore, l'esigenza è quella di presentare una materia articolata e complessa in uno spazio abbastanza ridotto.
Mi farebbe dunque immensamente piacere che voi lettori commentaste apertamente se il formato che ho scelto è di vostro gradimento: i suggerimenti non potranno che migliorare il blog.
Ma passiamo immediatamente alla storia e ad inquadrare il momento dell'assedio romano a Neapolis.
Nel 328 a.C. Neapolis era la città più importante del Sinus Cumanus (quello che oggi è chiamato Golfo di Napoli prendeva il suo nome latino dalla prima polis fondata nella zona), altrimenti detto Krater in greco (dalla forma di coppa).
Mappa del Sinus Cumanus con le principali città dell'epoca pubblicata nell'Allgemeiner historischer Handatlas di G. Droysens nel 1886

Mappa del Sinus Cumanus pubblicata nell'Allgemeiner historischer Handatlas di G. Droysens nel 1886.

mercoledì 26 dicembre 2012

Il Grande Bluff (2/2)

Con quello di oggi chiudiamo la serie di post bibliografici. Sono stati numerosi, è vero, ma le fonti storiche sono le uniche che possono permetterci di avere un'idea di quanto accadde durante l'assedio del 326 a.C.
Senza indugio, riportiamo dunque quanto scritto da Livio nel suo Ab Urbe Condita, VIII, 26:
Nel contempo Ninfio, per parte sua, aveva raggirato il comandante del presidio sannita, portandolo a concedergli, poiché l'intero esercito romano si trovava o intorno a Paleopoli o nel Sannio, di arrivare per via di mare in territorio romano e di devastare non solo la costa ma anche i dintorni stessi di Roma.
La Campania Felix ai tempi del romanzo

A beneficio del lettore, ri-pubblico questa cartina della Campania Felix, ospitata su Wikipedia: dovrebbe risultare evidente che partire nottetempo da Neapolis per andare a devastare i dintorni stessi di Roma è un'esagerazione di Livio.

domenica 23 dicembre 2012

Il Grande Bluff (1/2)

Ed è giunto finalmente il momento di sciogliere il riserbo sul grande tema storico contenuto nel mio romanzo, ovvero come si concluse l'assedio romano a Neapolis nel 326 a.C.
In questo e nel prossimo post riporterò i due passi di Tito Livio che danno una versione dei fatti abbastanza vicina alla realtà, sebbene non del tutto convincente. Mi riserbo di illustrare in post futuri quali sono le conclusioni alle quali sono giunto sulla base delle fonti consultate.
Cominciamo dunque da Ab Urbe Condita, VIII, 25:
Lo stesso anno venne celebrato a Roma un lettisternio - il quinto dalla fondazione della città -, per propiziare il favore degli stessi dèi invocati nelle precedenti occasioni. Poi i nuovi consoli (Gaio Petelio e Lucio Papirio Mugillano, n.d.r.), su ordine del popolo, inviarono i feziali a dichiarare guerra ai Sanniti; questi ultimi non solo stavano compiendo i preparativi per il conflitto con un impegno ben più massiccio di quanto non ne avessero profuso nella campagna contro i Greci, ma ricevettero anche nuovi rinforzi da una parte alla quale in quel momento i Romani non avevano affatto pensato.

mercoledì 28 novembre 2012

Ricca ed Imbelle

Il mio romanzo ha anche, dichiaratamente, uno scopo sociale. L'auspicio è che i miei conterranei, specchiandosi nei personaggi e nei popoli che incontreranno in Neapolis - Il Richiamo della Sirena possano darsi una scossa, perché ritengo incredibile che, a distanza di duemilatrecento anni, determinati comportamenti possano essere perfettamente riconoscibili.
Mi riferisco soprattutto a come ho dipinto i Campani, gli abitanti di quella Campania Felix così coccolati dalla natura dei luoghi da essere incapaci di affrontare qualunque avversità senza piegarsi ad un nuovo padrone, ad un nuovo dominatore.
Mappa dell'antica Campania Felix

Il territorio della Campania Felix al tempo dell'antica Roma. Fonte: Wikipedia.

giovedì 8 novembre 2012

Una Città, Due Corpi

Ricostruzione dell'antica Neapolis
L'immagine qui sopra si può vedere presso la fermata della metropolitana posta sotto il Museo Archeologico Nazionale e nel piacevole libricino di A. Wanderlingh “I giorni di Neapolis”. È una veduta a volo d'uccello di come poteva essere il panorama di Neapolis pressappoco ai tempi dei fatti narrati nel mio romanzo. Si riconosce la zona dell'antico porto rinvenuto grazie ai recenti scavi per la metropolitana e due nuclei urbani: il primo sulla destra ed arroccato sull'altura di Pizzofalcone; il secondo più lontano, sulla sinistra. Il Vesuvio fa da sfondo.

domenica 14 ottobre 2012

Bella da Perderci la Testa

Che senta forte il legame con la mia terra non è certo un mistero. Che ne sia orgoglioso nonostante essa sia sempre al centro di cronache poco edificanti può sembrare quanto meno bizzarro.
È una terra buona e bella, sulla quale è stata cresciuta nelle peggiori condizioni di allevamento la belva più feroce: l'uomo.
Non è assolutamente mia intenzione ammansire i miei conterranei: la loro energia, la loro vitalità, le loro risorse sono a mio parere male indirizzate dal sopruso e dall'arroganza di chi lascia loro un solo modo per vivere: il malvivere.
Non sto per cominciare l'ennesimo pistolotto assistenzialista, al contrario! La Campania non ha bisogno di assistenzialismo, magari di assistenza per rimettersi in piedi, ma non di assistenzialismo: essa ha tutto ciò che serve per rendere ricca e felice la propria gente, anzi ha fin troppo!
È sempre stato così. Certo, oggi i cumuli di immondizia (materiale e umana) deturpano il paesaggio all'occhio del visitatore e dello straniero, ma questa è una patina recente, assai dannosa forse, e che costerà anni e sforzo a togliere. Ma lo sforzo credo sembrerà più leggero, più accettabile se abbiamo sotto gli occhi non il territorio devastato di oggi, ma quello che la Natura ci ha affidato.
Cerchiamo di capire allora quanto questo territorio fosse incomparabilmente ricco nel suo stato naturale e facciamocelo raccontare dalla storia. Oggi riporterò un passo di Dionigi d'Alicarnasso, “Antichità Romane” XV, 3: era un territorio talmente bello da far perdere la testa.

lunedì 1 ottobre 2012

Una Terra Poliglotta

La Campania è stata da sempre una terra d'incontro tra culture diverse, e nel IV sec. a.C. le cose non erano assolutamente differenti.
Gli Osci/Sanniti erano forse la popolazione più diffusa, ma accanto ad essi troviamo Greci (principalmente a Neapolis), i Romani che cominciavano ad affacciarsi sul territorio (di fatto, Acerra era stata annessa alle tribù Mescia e Scapzia, guarda caso proprio ad opera di quel Quinto Publilio che assume tenta importanza nella vicenda narrata, ma le stesse Cuma e Puteolis erano state da poco sottratte ai Sanniti, e la ricchissima Capua si era letteralmente donata all'Urbe), gli Etruschi, gli Aurunci, i Volsci…
Ciascuna di queste popolazioni parlava una propria lingua, usava una propria scrittura, alle volte prendeva in prestito l'alfabeto di altre. C'è da stupirsi se i napoletani gesticolano tanto? :)

domenica 22 luglio 2012

Il Volto di Parthenope

Parthenope non è la più nota delle Sirene.
Il mito che riguarda le Sirene dà loro nomi assai diversi a seconda dell'autore: lo Pseudo-Apollodoro cita Peisinoe, Aglaope e Thelxiepeia, altri nominano Terpsichore, Melpomene e Sterope o Chthon, Omero non dà alcun nome. Il loro stesso numero varia da due a cinque. Il mito che le vuole coi nomi di Leucosia, Ligeia e Parthenope (“virginale”) è dunque solo uno dei tanti ma, guarda caso, è proprio quello che ci interessa di più.
Nel romanzo sarà Parthenope stessa a raccontare la sua storia. Vale la pena però ricordare che, con le sorelle, essa venne mutata in donna-uccello (e non donna-pesce come vorrebbero le più tarde tradizioni medievali) dall'ira di Demetra, giacché era stata incapace di proteggere la figlia Persephone dalle voglie di Ade. Che poi Ade si comportò anche da gentiluomo: amava davvero Persephone, tant'è vero che la sposò e fece in modo che ella non potesse stare lontano da lui. Ad ogni autunno la fanciulla deve tornare dal marito, mentre la primavera e l'estate li trascorreva con la madre a curare le messi.
Ciò detto, la tentazione di parlare qui delle valenze ctonie del mito è molto forte, ma non è assolutamente questa la sede. Se lo desiderate, sarò felice di scrivere un post a parte, ora dobbiamo tornare alla nostra Parthenope.

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