Abbiamo così sfatato ogni credibilità delle testimonianze che lo volevano gratuitamente violento, e in questo post vedremo che certamente non poteva esserlo, almeno quando giunse in Italia, e per un motivo ben preciso: la strategia che aveva deciso di adottare fin dal principio.
Dopo il Trasimeno, Annibale scende verso Roma, ma non seguendo la via più diretta, bensì deviando leggermente verso Spoletium, che tenta di prendere in tutti i modi, senza successo.
Ecco perché il Cartaginese decide di deviare verso il cuore dell'Appennino, fino all'Irpinia, cercando di creare sconcerto nei vecchi nemici di Roma, magari dimostrando che l'alleanza con l'Urbe non pone al riparo dai danni delle guerre.
Emissari campani lo raggiungono a Telesia e lui li segue in Campania, «per errore, cercando di raggiungere Casinum», ci viene detto, e poi «devastandone il territorio», prima di ritirarsi per l'inverno.
Si limita a un'opera di saccheggio, non va verso Roma, non fugge. Ad un certo punto, a Gereonio, è quasi ridotto alla fame… Cosa sta facendo Annibale, durante tutto questo tempo? L'unica certezza è che resta sempre in movimento, il suo unico autentico vantaggio, e aspetta che le alleanze romane saltino. La data della battaglia di Canne è un elemento utile a capire la verità di quest'ultima affermazione: il 2 agosto.
Anche se Annibale all'inizio del 216 a.C. è bloccato prima a Gereonio, poi a Canne, dall'applicazione delle tattiche attendiste ispirate da Quinto Fabio Massimo, i nuovi consoli sono in carica già dalle Idi di Marzo, dunque sono trascorsi più di quattro mesi di relativa quiete, nonostante uno dei due consoli (Caio Terenzio Varrone) venga dipinto come impetuoso, avventato e, il crimine peggiore per Livio, un demagogo plebeo.
Sul reale carattere del generale romano a Canne c'è ben poco da mettere la mano sul fuoco: Livio è spesso assai più interessato a glorificare le tradizionali virtù romane che a riportare con fedeltà gli eventi storici. Inoltre, niente vieta che Livio fosse in perfetta buona fede e che, a due secoli dai fatti narrati, le sue fonti fossero già viziate.
Più interessante è però il fatto che non appena si compie Canne, Annibale torna in Campania. Allora e non prima, e visto il risultato di Canne, non certo perché temesse di scontrarsi coi Romani. Ma se ha trascorso tanto tempo in relativa inerzia per poi mettersi immediatamente in moto, evidentemente Canne ha smosso qualcosa di grosso: il Punico è ora certo di raccogliere alleanze. Infatti, strada facendo riceve Compsa, qui divide l'esercito in due per mandarne una metà a stringere alleanze coi Bruttii, insomma la vera guerra di Annibale comincia ora dopo Canne, con lo sfaldamento delle alleanze di Roma.
Perché tanta importanza a Capua? Perché essa era incredibilmente ricca, e dotava Roma di una buona cavalleria. Anche militarmente, Annibale voleva essere certo di stra-vincere.
E veniamo così a un episodio che molti storici hanno dipinto come “secondario”, e che a mio modestissimo vedere è invece cruciale: il tentato assalto a Neapolis.
Per quanto potesse essere importante e ricca Capua, Annibale sapeva di condurre il proprio esercito in un territorio ostile, ma nel sud Italia il territorio amico più vicino non era la penisola iberica, dalla quale attendeva i rinforzi del fratello Asdrubale, bensì Cartagine, per raggiungere la quale bisogna attraversare il mare.
Dunque la presa di Neapolis, ben più che quella di Capua, avrebbe tranquillizzato i sonni del Punico! Inoltre, è possibile che, nelle prevedibili trattative, Annibale non volesse dare troppa importanza a Capua: se avesse portato dalla sua Neapolis, avrebbe potuto trattare la capitale campana come un alleato in più, e non come il più importante alleato tra quelli che stava stringendo a sé.
Fortunatamente per lui, i Campani avevano un orizzonte e delle ambizioni estremamente ristrette: nonostante Annibale avesse promesso loro che avrebbero dettato legge su tutta l'Italia, essi si accontentarono di provare ad aggredire Cuma, ma la cosa si risolse grazie all'intervento romano con esiti disastrosi. Addirittura, era Annibale a magnificare la città campana, evidentemente ben consapevole di quanto i Campani fossero sensibili alle lusinghe. «Tu che hai tante volte comparato Capua a Cartagine!» gli rimproverarono i Campani in una lettera inviata per chiedere soccorso. Evidentemente il Punico sapeva che con due parole ben poste li faceva “fessi e contenti”.
Ma tutte queste sembrano fino ad ora solo supposizioni, magari avallate dagli eventi, sui quali Annibale non aveva comunque potere. C'è però un dettaglio che non ho ancora esposto, che rende tutta questa ricostruzione perfettamente plausibile, ed è il modo in cui Annibale si comportò coi socii catturati durante le battaglie. Ve ne sono diversi esempi, alcuni eclatanti, ed è per questo che rimando al prossimo post, l'ultimo di questa serie, la loro trattazione.
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