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sabato 14 novembre 2020

Decifrare una Storia (II)

Nell'ultimo post ho spiegato qual era lo scenario che condusse al momento che culmina la narrazione di Neapolis - Il Signore dei Cavalli: Annibale giunge alle porte della polis dopo Cannae e desidera prendere la città.
Tenta l'impresa con un atto di forza, e nello scorso post ho chiarito i motivi che a mio avviso fanno presumere che l'attacco segua una qualche iniziativa diplomatica. Lo fa perché si rende subito conto (contrariamente a quanto fa Livio) che mandare la sua prodigiosa cavalleria a infrangersi contro mura e bastioni sarebbe una follia suicida. È utile dare un'occhiata a queste mura il cui solo
aspetto […] distolse il Cartaginese dall'attacco della città: esse non offrivano alcun appiglio per un assalto.
[Ab Urbe Condita, XXIII]

Tratto delle mura greche lungo le Rampe Maria Longo, alle spalle dell'Istituto Comprensivo Casanova.

Invece del classico tratto di mura di Piazza Bellini, ho scelto quello di Via Foria, posto alle spalle del Liceo Genovesi, perché è pressappoco quello che avrebbe visto Annibale arrivando da nord-est. Qui le mura hanno la funzione di irrobustire la naturale pendenza del suolo e il loro stato di conservazione, per quanto deplorevole, è assai migliore di quanto si osservi altrove. Ovviamente, nell'epoca di Annibale, esse erano notevolmente più alte, essendo tutte le mura state usate in periodi successivi come cave di pietra per l'edilizia cittadina.
Osservate la proporzione tra le persone sedute a prendere comodamente un caffé e quella parete, e immaginate al loro posto la cavalleria di Annibale, come ho avuto modo di spiegare, neanche una cavalleria pesante, ma fondamentalmente un mucchio selvaggio di lanciatori di giavellotto.
Rendiamo la situazione più penosa per il cartaginese ricordando che il giavellotto, a differenza della lancia (che non si lancia), è interamente di legno: ci vuole poco a capire che Annibale era arrivato con una banda di predoni del deserto dotati di armature leggere, a minacciare con degli stuzzicadenti (letteralmente) mura alte almeno una ventina di metri… Non è certo quello che ci aspettiamo dal genio militare che ha fatto tanta storia.
Quello che ci aspettiamo da Annibale, e che Annibale fece, è:
pose alcuni dei suoi Numidi in imboscata ovunque lo ritenesse conveniente,
Un'imboscata, dunque. Il piano di Annibale è: se noi non possiamo entrare, li faremo uscire, perché in campo aperto non possono competere con noi. Il Cartaginese conosce perfettamente vantaggi e svantaggi della propria arma, la cavalleria leggera numidica e, quando non può usarla come a lui converrebbe, cerca di forzare il nemico in una situazione nella quale dovrà per forza fare i conti con essa in condizioni per lui più vantaggiose. Le successive parole di Livio descrivono la meticolosità nel preparare un piano siffatto:
perché lì le strade sono per la maggior parte profonde, con molti tornanti nascosti.
Questo passo ci fornisce molte utili informazioni: l'orografia napoletana è ben nota, le strade “profonde, con molti tornanti nascosti” sono evidentemente i valloni a nord della polis, dove ora sono il Rione Stella, la Sanità, e che arrivano fino a San Carlo all'Arena. Le antiche strade seguivano il corso dei torrenti per arrivare in città, e non era possibile vedere dalle mura chi stesse arrivando perché queste strade erano incassate tra alti argini.

Rilievo orografico di Napoli e dintorni. Il perimetro nero indica approssimativamente le mura della Neapolis all'epoca di Annibale. Si osservino i rilievi che coronano la città verso nord.

Ho già avuto modo di spiegare perché non credo che nell'azione che segue le forze neapolitane potessero essere prese alla sprovvista, quindi rimando a una rilettura chi desideri approfondire l'argomento. Quando però si uniscono alla trappola le seguenti parole di Livio, diventa evidente il reale motivo della reazione di Hegeas:
Agli altri [Annibale] ordinò di cavalcare fino alle porte conducendo innanzi a loro ostentatamente il bottino che avevano raccolto nei campi.
Siccome sembravano una forza piccola e disorganizzata,
Dunque, prima di far scattare la trappola Annibale ha ordinato il saccheggio dei campi intorno a Neapolis. Possiamo immaginarla, la scena: contadini che scappano, fumi d'incendio, soprusi… Quello che Annibale vuole è provocare una reazione neapolitana che gli permetta di approfittare di un qualche errore dei difensori, prenderli in fallo ed entrare in città, o costringerli almeno ad aprirgli le porte, a una resa.
Sottolineo ancora una volta questo punto: la reazione neapolitana non si deve alla vista di pochi cavalieri nemici che sembrano facile preda, perché un'imboscata era scontata, nessun neapolitano era tanto sciocco da credere che Annibale non ne avrebbe approntata una, tanto meno il comandante della cavalleria, che certamente doveva conoscere i manuali di Senofonte. Insomma, Annibale poteva nascondere tutti gli uomini che voleva senza per questo generare alcuna sorpresa, dal momento che i neapolitani conoscevano certamente i dintorni della loro città e quanto essi fossero adatti a siffatte tattiche.
La reazione si deve piuttosto al fatto che le campagne intorno a Neapolis sono date alla devastazione, e probabilmente molti contadini fuggono verso il riparo più prossimo: la città stessa.
Per un comandante responsabile, la vista di civili inermi, disorganizzati, in fuga, piangenti, brutalmente espropriati delle loro cose, dev'essere stata troppo. Gli uomini di Annibale che provocatoriamente mostrano il bottino sotto le mura della polis sembrano pochi, ma possono ancora far male a vecchi, donne e bambini. L'azione è concitata, e Hegeas ebbe probabilmente il compito di coprire l'entrata dei fuggiaschi in città.
A questo punto, l'azione si svolge tragicamente, eppure Livio non riesce a narrare tutta la verità: quella traspare dal suo racconto ma non è evidente, e la spiegherò meglio nel prossimo post.

Nota: si ringrazia Roberto Combattente per aver individuato un errore di attribuzione alla foto dell'Istituto Casanova.

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