Storie di Neapolis
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mercoledì 8 aprile 2015
La cavalleria numidica di Annibale
Non si può parlare della cavalleria romana e denigrarla, per scarsa che fosse la sua consistenza e la sua capacità militare, senza confrontarla con il suo contendente principale, la vera forza con la quale Annibale tenne in scacco le forze di Roma per ben vent'anni: la cavalleria numidica.
Annibale fu un grande generale, certamente studiò bene il suo avversario prima di affrontare la pazza avventura in italia, e individuò tutte le debolezze e i punti forti della potenza romana. Sfruttare le prime e scardinare i secondi fu il suo tentativo, e non fu del tutto colpa sua se non riuscì a condurre a compimento le sue intenzioni.
Ma dedicheremo un altro post a studiare in dettaglio la strategia Annibalica. Oggi ci limiteremo ad analizzare l'arma che diede ad Annibale la supremazia militare per molti anni sui campi di battaglia, e che fece tremare Roma: la cavalleria numidica.
Con la fuga da Tiro nell'VIII sec. a.C. e la fondazione di Cartagine, i futuri dominatori del Mediterraneo si erano isolati in un territorio del quale sapevano solo ciò che i loro traffici avevano permesso di conoscere. I nuovi vicini sarebbero stati amichevoli? Ostili? Dalla loro avevano l'abilità mercantile, il numero era contro di loro.
Non fa meraviglia, dunque, se l'esercito cartaginese fosse tradizionalmente un esercito composto in gran parte da mercenari che sopperivano per denaro alle necessità difensive della città. Tra questi vicini, i numidi erano massimamente versati nella cavalleria.
Annibale fu un grande generale, certamente studiò bene il suo avversario prima di affrontare la pazza avventura in italia, e individuò tutte le debolezze e i punti forti della potenza romana. Sfruttare le prime e scardinare i secondi fu il suo tentativo, e non fu del tutto colpa sua se non riuscì a condurre a compimento le sue intenzioni.
Ma dedicheremo un altro post a studiare in dettaglio la strategia Annibalica. Oggi ci limiteremo ad analizzare l'arma che diede ad Annibale la supremazia militare per molti anni sui campi di battaglia, e che fece tremare Roma: la cavalleria numidica.
Con la fuga da Tiro nell'VIII sec. a.C. e la fondazione di Cartagine, i futuri dominatori del Mediterraneo si erano isolati in un territorio del quale sapevano solo ciò che i loro traffici avevano permesso di conoscere. I nuovi vicini sarebbero stati amichevoli? Ostili? Dalla loro avevano l'abilità mercantile, il numero era contro di loro.
Non fa meraviglia, dunque, se l'esercito cartaginese fosse tradizionalmente un esercito composto in gran parte da mercenari che sopperivano per denaro alle necessità difensive della città. Tra questi vicini, i numidi erano massimamente versati nella cavalleria.
Parole chiave:
Annibale,
cavalleria,
Cultura,
I Signori dei Cavalli,
Numidi,
Roma,
Storia
Località:
Capua CE, Italy
sabato 4 aprile 2015
La Cavalleria a Roma
Dopo il post di sabato scorso, cominciamo a confrontare le diverse forze che incontreremo nel romanzo I signori dei cavalli, partendo da coloro che infine riuscirono vincitori dal conflitto: i Romani.
I signori dei cavalli ha come motivo portante la ricerca e la riscoperta della cavalleria, ed è stato sorprendente trovare episodi che sembrano presi dalle chansons de geste piuttosto che da autori classici, come le sfide a duello in singolar tenzone, con tanto di lancia, tra cavalieri romani e capuani.
Ma prima di addentrarci in tali stranezze, è bene fare un quadro chiaro della cavalleria all'epoca dei fatti narrati: quanto era importante negli eserciti? Che ruolo aveva? Chi erano i cavalieri?
I signori dei cavalli ha come motivo portante la ricerca e la riscoperta della cavalleria, ed è stato sorprendente trovare episodi che sembrano presi dalle chansons de geste piuttosto che da autori classici, come le sfide a duello in singolar tenzone, con tanto di lancia, tra cavalieri romani e capuani.
Ma prima di addentrarci in tali stranezze, è bene fare un quadro chiaro della cavalleria all'epoca dei fatti narrati: quanto era importante negli eserciti? Che ruolo aveva? Chi erano i cavalieri?
Parole chiave:
alleati,
Annibale,
Bibliografia,
cavalleria,
Critica,
Cultura,
I Signori dei Cavalli,
Roma,
Storia
Località:
Capua CE, Italy
sabato 28 marzo 2015
Hegeas Hipparchos
Giunto reduce da Canne vittoriosamente, Annibale tenta di assalire una città della costa, Neapolis, tentando di far cadere in un'imboscata le difese della polis.
L'anno è il 216 a.C., 30'000 uomini al comando del Cartaginese hanno fatto a pezzi un esercito monstre di 80'000 tra romani e alleati in una sola giornata nonostante, è bene ricordarlo, ci siano voluti ben otto mesi al Punico per prendere Sagunto, con tutti i rinforzi e le macchine d'assedio delle quali disponeva in Spagna. Quest'osservazione serva a mettere nella giusta luce la differenza che c'era all'epoca tra una battaglia campale e un assedio.
Invece di restare al sicuro dietro le mura (a lasciar cader pietre sugli assedianti), il comandante di cavalleria di Neapolis, al quale saranno rimasti sì e no trecento uomini, visto che molti erano caduti nelle precedenti battaglie dei Romani contro lo stesso nemico noto per astuzia, tecnica e consistenza numerica, si getta all'inseguimento di un gruppo di Numidi che fanno finta di saccheggiare il contado neapolitano, inoltrandosi “incautamente” (è il commento di Tito Livio che abbiamo riportato nello scorso post) in una serie di strade molto profonde (che lui, da comandante di quella stessa città, ovviamente non conosce…) poste a Nord della polis.
Vistosi perduto, invece di tornare verso la polis, il drappello supera gli acquitrini a oriente della stessa per cercare salvezza sulle imbarcazioni dei pescatori che in quel momento erano nel mare…
L'anno è il 216 a.C., 30'000 uomini al comando del Cartaginese hanno fatto a pezzi un esercito monstre di 80'000 tra romani e alleati in una sola giornata nonostante, è bene ricordarlo, ci siano voluti ben otto mesi al Punico per prendere Sagunto, con tutti i rinforzi e le macchine d'assedio delle quali disponeva in Spagna. Quest'osservazione serva a mettere nella giusta luce la differenza che c'era all'epoca tra una battaglia campale e un assedio.
Invece di restare al sicuro dietro le mura (a lasciar cader pietre sugli assedianti), il comandante di cavalleria di Neapolis, al quale saranno rimasti sì e no trecento uomini, visto che molti erano caduti nelle precedenti battaglie dei Romani contro lo stesso nemico noto per astuzia, tecnica e consistenza numerica, si getta all'inseguimento di un gruppo di Numidi che fanno finta di saccheggiare il contado neapolitano, inoltrandosi “incautamente” (è il commento di Tito Livio che abbiamo riportato nello scorso post) in una serie di strade molto profonde (che lui, da comandante di quella stessa città, ovviamente non conosce…) poste a Nord della polis.
Vistosi perduto, invece di tornare verso la polis, il drappello supera gli acquitrini a oriente della stessa per cercare salvezza sulle imbarcazioni dei pescatori che in quel momento erano nel mare…
Parole chiave:
Annibale,
Bibliografia,
Campania,
Collegamenti,
Critica,
Cultura,
Hegeas,
I Signori dei Cavalli,
Luoghi,
Neapolis,
Personaggi,
Senofonte,
Storia,
Trama
Località:
Capua CE, Italy
mercoledì 25 marzo 2015
Come è nato “I signori dei cavalli”
La fonte principale sull'assalto di Annibale a Neapolis è ancora una volta Tito Livio. Leggiamo il passo XXIII, 1 del suo Ab Urbe Condita per avere una prima versione dei fatti.
Subito dopo la battaglia di Cannae e la cattura e il saccheggio dell'accampamento romano, Annibale lasciò l'Apulia alla volta del Sannio, in seguito all'invito ricevuto da un tale chiamato Stazio Trebio, che aveva promesso di consegnargli Compsa se avesse visitato il teritorio degli Irpini.
[…] Lì Annibale lasciò tutto il bottino e il bagaglio, poi divise l'esercito in due divisioni, diede a Magone il comando di una e mantenne l'altra per sé. […] Lui stesso marciò attraverso il distretto campano verso il Mare Inferiore (il Tirreno) prevedendo di aggredire Neapolis in modo da avere una città accessibile dal mare.
Entrato nei confini di Neapolis, pose alcuni dei suoi Numidi in imboscata ovunque lo ritenesse conveniente, perché lì le strade sono per la maggior parte profonde, con molti tornanti nascosti. Agli altri ordinò di cavalcare fino alle porte conducendo innanzi a loro ostentatamente il bottino che avevano raccolto nei campi.
Siccome sembravano una forza piccola e disorganizzata, una truppa di cavalleria venne loro incontro, che fu attratta dai Numidi in ritirata nell'imboscata e circondata.
Non si sarebbe salvato un solo uomo se non fosse stato per la vicinanza del mare e per alcune imbarcazioni, per lo più da pesca, che essi videro non lungi dalla riva e che fornirono una via di fuga a coloro che erano buoni nuotatori.
Molti giovani nobili, comunque, furono presi o uccisi nello scontro, tra essi Hegeas, il comandante della cavalleria, che cadde mentre inseguiva troppo incautamente il nemico che si ritirava.
L'aspetto delle mura distolse il Cartaginese dall'attacco della città: esse non offrivano alcun appiglio per un assalto.
Parole chiave:
Annibale,
Bibliografia,
Critica,
Cultura,
Hegeas,
I Signori dei Cavalli,
Intro,
Luoghi,
Neapolis,
Personaggi,
Storia,
Trama
Località:
Capua CE, Italy
domenica 22 marzo 2015
Annibale (e non ce lo volevo)!
Quando ho scritto Neapolis - Il richiamo della Sirena speravo ardentemente che, nell'affrontare eventuali futuri romanzi, non avrei mai dovuto confrontarmi con personaggi storici di grande rilevanza.
Per uno scrittore, il personaggio importante è difficile da trattare in un romanzo che parla d'altro (le mie opere hanno come obiettivo la storia di Napoli) perché tende a manipolare l'azione, ad accentrare l'attenzione su di sé, tende a diventare l'oggetto unico della curiosità del lettore che dimentica il resto.
Poi ci sono i motivi squisitamente storici: di un personaggio famoso tutti sanno tutto ma, soprattutto, ciascuno ha una propria idea, una propria opinione, e il margine per romanzare la sua azione viene terribilmente assottigliato, quando non scompare del tutto. Insomma, una bella gatta da pelare, con la quale non mi volevo assolutamente confrontare.
Per uno scrittore, il personaggio importante è difficile da trattare in un romanzo che parla d'altro (le mie opere hanno come obiettivo la storia di Napoli) perché tende a manipolare l'azione, ad accentrare l'attenzione su di sé, tende a diventare l'oggetto unico della curiosità del lettore che dimentica il resto.
Poi ci sono i motivi squisitamente storici: di un personaggio famoso tutti sanno tutto ma, soprattutto, ciascuno ha una propria idea, una propria opinione, e il margine per romanzare la sua azione viene terribilmente assottigliato, quando non scompare del tutto. Insomma, una bella gatta da pelare, con la quale non mi volevo assolutamente confrontare.
Parole chiave:
Annibale,
Bibliografia,
Campania,
Critica,
Cultura,
Hegeas,
I Signori dei Cavalli,
Intro,
Kampanon,
Kapu,
Luoghi,
Neapolis,
Personaggi,
Personale,
Racconti della Caduta,
Storia,
Trama
Località:
Capua CE, Italy
giovedì 10 ottobre 2013
Miti in lotta
Il post di oggi potrà sembrare al limite della fantasia, giacché cercherò di illustrare come i miti abbiano una loro precisa consistenza nell'evoluzione della cultura di un popolo.
In concreto, il mito che analizzerò è quello della Sirena Perthenope in relazione alla sua città Napoli, e desidero mostrare come la sua affermazione nella tradizione neapolitana del V sec. a.C. sia un fatto politico di importanza fondamentale per dimostrare l'insistenza su Neapolis di popolazioni di diversa ascendenza, anche quando le prove archeologiche non ci supportano. Anzi, la valutazione di elementi filologici/leggendari può spiegare eventi storici altrimenti non meglio inquadrabili.
In questa storia abbiamo diversi attori mitologici: Apollo, Athena, Demetra, Parthenope stessa. I protagonisti umani sono invece i Teleboi che (si dice) da Capri/Sorrento fondarono Parthenope su Pizzofalcone, i coloni che dall'Eubea vennero a fondare Cuma, i Siracusani e gli Ateniesi.
È noto che, terminato il cosiddetto Medio Evo dell'antica Grecia, le città-stato (polis) erano i centri di aggregazione di questo territorio. Costantemente in lotta le une contro le altre, sapevano però fare fronte comune quando c'era da combattere un nemico esterno a questa litigiosa confraternita.
I motivi delle lotte erano tanti, non solo commerciali. In qualche caso, si trattava anche di motivi storici ed etnici, come è il caso di Atene, una delle città che vantava la propria ionicità dopo il Medio Evo (tra il XII e il IX sec. a.C.) che alcuni hanno voluto spiegare con la supposta invasione dei Dori.
Dotati di queste differenze storiche e culturali, periodicamente le polis greche soffrivano periodi di sovrappopolazione, carestia, pestilenza, tutte condizioni che ne spingevano parte della popolazione a cercare miglior fortuna presso altri lidi. Nondimeno, Teleboi, Ioni, Eoli o Dori che fossero, tutti questi popoli si dicevano comunemente Elleni.
I Teleboi, se mai sono esistiti, sembra appartenessero a un'etnia precedente al Medio Evo greco, e dall'Acarnania e dalle isole dello Ionio erano anticamente giunti a Capri. Probabilmente erano loro i primi fondatori di Parthenope su Pizzofalcone (Acheloo, padre della Sirena Parthenope, è un fiume dell'Acarnania che verrà in seguito occupata dai Dori), e magari si deve a loro l'importazione su suolo italico del mito delle Sirene. Infatti, in tutta la penisola sorrentina troviamo riferimenti alle Sirene.
Ma in mancanza di dati certi, possiamo attribuire l'importazione del mito delle Sirene anche ai Calcidesi di Eubea, di stirpe Ionia, che fondarono Cuma e, da quella, Parthenope come avamposto commerciale. Anch'essi, infatti, vennero spostati verso la loro terra d'origine, l'isola di Eubea, dalla presunta invasione dei Dori.
Intorno al 470 a.C. si svolse la guerra tra Greci e Etruschi per il dominio del Tirreno. Per terra Cuma riuscì ad avere la meglio su di un esercito numerosissimo, ma per mare chiese l'aiuto dei Siracusani, grazie ai quali il dominio etrusco dei mari giunse alla sua conclusione e si aprì la strada ai traffici dei greci.
Sembra che durante la guerra Cuma abbia dovuto temporaneamente abbandonare Parthenope, probabilmente troppo esposta alle incursioni nemiche, o addirittura che abbia approfittato della guerra per abbandonare a sé stessa quella che si stava dimostrando una temibile rivale commerciale. Sta di fatto che i Cumani furono colti da una pestilenza e, per capire il significato di questo prodigio, inviarono un'ambasceria a Delfi.
La Pithya (la sacerdotessa di Apollo, dio degli oracoli e delle pestilenze ma soprattutto divinità dorica) suggerì loro di ricostruire Parthenope, cosa che i Cumani non si fecero ripetere due volte, creando così il nuovo quartiere, la Nea-polis.
Ma Siracusa, città fondata da Corinto e quindi di stirpe Dorica, non riuscì a essere sempre presente: la sua tirannide cadde e Atene (città ionia) approfittò di questa defaillance per espandere nel Mediterraneo occidentale il proprio cerchio di alleanze.
Orbene, Atene intorno al 450 a.C. era all'apogeo del suo potere, era naturale che cercasse di legare a sé le altre città ionie (come era Chalcis, lo ricordiamo, città madre di Cuma) anche con azioni di propaganda.
L'uomo che compì quest'azione di propaganda fu il navarca Diotimo, il quale giunse a Neapolis con dieci navi e seicento coloni, restaurò il culto della Sirena Parthenope (alcuni commentano espressamente “in chiave anti-siracusana”) e instaurò una corsa per portatori di fiaccola (lampadodromia) in suo onore.
Perché la Sirena Parthenope?
Perché la Sirena Parthenope era il nume esclusivo dell'antica popolazione. Sulle monete di Neapolis si trova spesso Apollo, ma questo era una divinità che Neapolis aveva in comune con Siracusa (nemica di Atene) e con Cuma, che ospitava l'antro della Sibilla, anch'ella sacerdotessa di Apollo.
Il piano diplomatico di Diotimo, arditissimo quanto riuscito, era invece quello di dare a Neapolis il pieno controllo del Golfo Kymaios (Cumano), con l'obiettivo di tagliar fuori Siracusa e i suoi alleati dallo scacchiere tirreno.
La monetazione ci aiuta a dire se quest'obiettivo riuscì e quanto: la moneta più comune di Neapolis è, per i seguenti duecento anni, uno statere d'argento con Parthenope sul recto, e Acheloo (non certo una divinità ionia al tempo di Diotimo, ma tradizionalmente Teleboica) sul verso.
Diotimo riuscì a far trovare in quella protezione divina la molla d'orgoglio che rese Neapolis la città più potente del Tirreno centrale. Una protezione che non ha smesso di esistere solo perché sono trascorsi duemilacinquecento anni…
Molto si è detto sull'esistenza storica dei Teleboi, se essi non siano stata un'invenzione più tarda per giustificare elementi storici e filologici che, in altre epoche, non si era in grado di spiegare, confermare o confutare con documenti di altro tipo. A fronte della monetazione neapolitana è lecito chiedersi se, per quel che riguarda la storia della nostra città, il dubbio abbia davvero ragione d'esistere: per centinaia d'anni i neapolitani vissero ben convinti della loro teleboicità, sicuri dell'antichità del loro lignaggio, ed è con questa consapevolezza che essi si confrontavano con gli altri popoli. Lo facevano con l'arroganza di chi vanta nobili natali o antichi avi?
La ricostruzione che ho proposto in questo post e gli eventi che ho cercato di ricostruire in Neapolis - Il richiamo della Sirena dicono che no, fin dalle sue più lontane origini Napoli è stata una città di mescolanze. Nel nostro tempo di estremismi e intolleranze, l'accogliente spirito napoletano mi pare davvero l'antidoto giusto per il becero razzismo di paccottiglia che soffriamo.
In concreto, il mito che analizzerò è quello della Sirena Perthenope in relazione alla sua città Napoli, e desidero mostrare come la sua affermazione nella tradizione neapolitana del V sec. a.C. sia un fatto politico di importanza fondamentale per dimostrare l'insistenza su Neapolis di popolazioni di diversa ascendenza, anche quando le prove archeologiche non ci supportano. Anzi, la valutazione di elementi filologici/leggendari può spiegare eventi storici altrimenti non meglio inquadrabili.
In questa storia abbiamo diversi attori mitologici: Apollo, Athena, Demetra, Parthenope stessa. I protagonisti umani sono invece i Teleboi che (si dice) da Capri/Sorrento fondarono Parthenope su Pizzofalcone, i coloni che dall'Eubea vennero a fondare Cuma, i Siracusani e gli Ateniesi.
È noto che, terminato il cosiddetto Medio Evo dell'antica Grecia, le città-stato (polis) erano i centri di aggregazione di questo territorio. Costantemente in lotta le une contro le altre, sapevano però fare fronte comune quando c'era da combattere un nemico esterno a questa litigiosa confraternita.
I motivi delle lotte erano tanti, non solo commerciali. In qualche caso, si trattava anche di motivi storici ed etnici, come è il caso di Atene, una delle città che vantava la propria ionicità dopo il Medio Evo (tra il XII e il IX sec. a.C.) che alcuni hanno voluto spiegare con la supposta invasione dei Dori.
Dotati di queste differenze storiche e culturali, periodicamente le polis greche soffrivano periodi di sovrappopolazione, carestia, pestilenza, tutte condizioni che ne spingevano parte della popolazione a cercare miglior fortuna presso altri lidi. Nondimeno, Teleboi, Ioni, Eoli o Dori che fossero, tutti questi popoli si dicevano comunemente Elleni.
I Teleboi, se mai sono esistiti, sembra appartenessero a un'etnia precedente al Medio Evo greco, e dall'Acarnania e dalle isole dello Ionio erano anticamente giunti a Capri. Probabilmente erano loro i primi fondatori di Parthenope su Pizzofalcone (Acheloo, padre della Sirena Parthenope, è un fiume dell'Acarnania che verrà in seguito occupata dai Dori), e magari si deve a loro l'importazione su suolo italico del mito delle Sirene. Infatti, in tutta la penisola sorrentina troviamo riferimenti alle Sirene.
Ma in mancanza di dati certi, possiamo attribuire l'importazione del mito delle Sirene anche ai Calcidesi di Eubea, di stirpe Ionia, che fondarono Cuma e, da quella, Parthenope come avamposto commerciale. Anch'essi, infatti, vennero spostati verso la loro terra d'origine, l'isola di Eubea, dalla presunta invasione dei Dori.
Intorno al 470 a.C. si svolse la guerra tra Greci e Etruschi per il dominio del Tirreno. Per terra Cuma riuscì ad avere la meglio su di un esercito numerosissimo, ma per mare chiese l'aiuto dei Siracusani, grazie ai quali il dominio etrusco dei mari giunse alla sua conclusione e si aprì la strada ai traffici dei greci.
Sembra che durante la guerra Cuma abbia dovuto temporaneamente abbandonare Parthenope, probabilmente troppo esposta alle incursioni nemiche, o addirittura che abbia approfittato della guerra per abbandonare a sé stessa quella che si stava dimostrando una temibile rivale commerciale. Sta di fatto che i Cumani furono colti da una pestilenza e, per capire il significato di questo prodigio, inviarono un'ambasceria a Delfi.
La Pithya (la sacerdotessa di Apollo, dio degli oracoli e delle pestilenze ma soprattutto divinità dorica) suggerì loro di ricostruire Parthenope, cosa che i Cumani non si fecero ripetere due volte, creando così il nuovo quartiere, la Nea-polis.
Ma Siracusa, città fondata da Corinto e quindi di stirpe Dorica, non riuscì a essere sempre presente: la sua tirannide cadde e Atene (città ionia) approfittò di questa defaillance per espandere nel Mediterraneo occidentale il proprio cerchio di alleanze.
Orbene, Atene intorno al 450 a.C. era all'apogeo del suo potere, era naturale che cercasse di legare a sé le altre città ionie (come era Chalcis, lo ricordiamo, città madre di Cuma) anche con azioni di propaganda.
L'uomo che compì quest'azione di propaganda fu il navarca Diotimo, il quale giunse a Neapolis con dieci navi e seicento coloni, restaurò il culto della Sirena Parthenope (alcuni commentano espressamente “in chiave anti-siracusana”) e instaurò una corsa per portatori di fiaccola (lampadodromia) in suo onore.
Perché la Sirena Parthenope?
Perché la Sirena Parthenope era il nume esclusivo dell'antica popolazione. Sulle monete di Neapolis si trova spesso Apollo, ma questo era una divinità che Neapolis aveva in comune con Siracusa (nemica di Atene) e con Cuma, che ospitava l'antro della Sibilla, anch'ella sacerdotessa di Apollo.
Il piano diplomatico di Diotimo, arditissimo quanto riuscito, era invece quello di dare a Neapolis il pieno controllo del Golfo Kymaios (Cumano), con l'obiettivo di tagliar fuori Siracusa e i suoi alleati dallo scacchiere tirreno.
La monetazione ci aiuta a dire se quest'obiettivo riuscì e quanto: la moneta più comune di Neapolis è, per i seguenti duecento anni, uno statere d'argento con Parthenope sul recto, e Acheloo (non certo una divinità ionia al tempo di Diotimo, ma tradizionalmente Teleboica) sul verso.
Diotimo riuscì a far trovare in quella protezione divina la molla d'orgoglio che rese Neapolis la città più potente del Tirreno centrale. Una protezione che non ha smesso di esistere solo perché sono trascorsi duemilacinquecento anni…
Molto si è detto sull'esistenza storica dei Teleboi, se essi non siano stata un'invenzione più tarda per giustificare elementi storici e filologici che, in altre epoche, non si era in grado di spiegare, confermare o confutare con documenti di altro tipo. A fronte della monetazione neapolitana è lecito chiedersi se, per quel che riguarda la storia della nostra città, il dubbio abbia davvero ragione d'esistere: per centinaia d'anni i neapolitani vissero ben convinti della loro teleboicità, sicuri dell'antichità del loro lignaggio, ed è con questa consapevolezza che essi si confrontavano con gli altri popoli. Lo facevano con l'arroganza di chi vanta nobili natali o antichi avi?
La ricostruzione che ho proposto in questo post e gli eventi che ho cercato di ricostruire in Neapolis - Il richiamo della Sirena dicono che no, fin dalle sue più lontane origini Napoli è stata una città di mescolanze. Nel nostro tempo di estremismi e intolleranze, l'accogliente spirito napoletano mi pare davvero l'antidoto giusto per il becero razzismo di paccottiglia che soffriamo.
Parole chiave:
Critica,
Cultura,
Luoghi,
Mitologia,
Multimedia,
Personaggi,
Storia
Località:
Almelo, The Netherlands
mercoledì 12 giugno 2013
Phaleros: il primo nome di Parthenope
Mi sono recentemente accorto che, nel ripercorrere rapidamente la storia di Parthenope, ho appena accennato ad una fase relativamente importante, un periodo durante il quale la nostra città si chiamava Phaleros.
Questa fase storica, tramandataci dalle cronache greche e romane ma a suffragio della quale non rimangono evidenze archeologiche, ebbe luogo prima che Parthenope (qualunque cosa ella fosse) si arenasse sulla costa di Napoli.
Ripercorriamo un attimo la storia degli insediamenti locali: anticamente popolazioni autoctone vivevano nelle grotte (trogloditi) lungo la costa.
Questa costa offriva un approdo sicuro nell'isolotto di Macharis/Megalia (l'attuale Castel dell'Ovo) che fu così occupato da navigatori, alcuni propongono fenici.
Questa fase storica, tramandataci dalle cronache greche e romane ma a suffragio della quale non rimangono evidenze archeologiche, ebbe luogo prima che Parthenope (qualunque cosa ella fosse) si arenasse sulla costa di Napoli.
Ripercorriamo un attimo la storia degli insediamenti locali: anticamente popolazioni autoctone vivevano nelle grotte (trogloditi) lungo la costa.
Questa costa offriva un approdo sicuro nell'isolotto di Macharis/Megalia (l'attuale Castel dell'Ovo) che fu così occupato da navigatori, alcuni propongono fenici.
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Bibliografia,
Critica,
Cultura,
Luoghi,
Mitologia,
Personaggi,
Storia
Località:
Almelo, The Netherlands
domenica 21 aprile 2013
Storia di Neapolis: la città greco-sannita
Intorno al 400 a.C. assistiamo in Campania all'espansione Sannita. Provenienti dalle montagne dell'Appennino, questa popolazione era in cerca di pascoli fertili, e ne trovò a spese degli indigeni.
La pianura campana, corrispondente pressappoco alle attuali attuali provincie di Caserta e Napoli, era già abitata dagli Oschi, di fatto già imparentati con i Sanniti, che lasciarono in eredità a quelli lingua e alfabeto.
La pianura campana, corrispondente pressappoco alle attuali attuali provincie di Caserta e Napoli, era già abitata dagli Oschi, di fatto già imparentati con i Sanniti, che lasciarono in eredità a quelli lingua e alfabeto.
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Cultura,
Luoghi,
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Personaggi,
Storia
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Almelo, The Netherlands
lunedì 15 aprile 2013
Storia di Neapolis: dalla Fondazione ai Sanniti
Nel post precedente abbiamo visto che, al momento della fondazione di Neapolis, possiamo distinguere almeno quattro diverse ascendenze greche per la popolazione della città, nonché l'ovvia insistenza di elementi autoctoni e, chissà, qualcosa di fenicio.
Ma la Neapolis fondata dopo la vittoria dei greci sugli etruschi era, certamente in massima parte, greca. Ricapitolando, le tracce archeologiche individuano resti micenei, rodio-calcidici, cumani e, finalmente, siracusani.
Curioso è l'assetto urbanistico del quale si dota la città nuova, con la serie di insule così tipicamente greca da essere spesso citata come “ippodamea”.
Ma la Neapolis fondata dopo la vittoria dei greci sugli etruschi era, certamente in massima parte, greca. Ricapitolando, le tracce archeologiche individuano resti micenei, rodio-calcidici, cumani e, finalmente, siracusani.
Curioso è l'assetto urbanistico del quale si dota la città nuova, con la serie di insule così tipicamente greca da essere spesso citata come “ippodamea”.
Parole chiave:
Cultura,
Luoghi,
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Storia
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Almelo, The Netherlands
domenica 24 marzo 2013
Storia di Neapolis: Fondazione
Uno dei tratti caratteristici di una storia ben scritta è, a mio avviso, la profondità della stessa. Con ciò, intendo indicare tutti quegli elementi che rendono reale la trama e, con la loro presenza, più robusta la sospensione dell'incredulità.
Siamo esseri umani che cerchiamo di compenetrarci in una storia, vaghiamo in essa sbirciando qui e là, condotti per mano dallo scrittore forse, ma ci ritroviamo spesso a guardare dettagli ai quali egli non ha dato l'importanza che diamo noi. Sembra una gita scolastica con una classe di discoli? Beh, ci va molto vicino! :D
Per ovviare alla curiosità del lettore, non credo che esista altro rimedio che soddisfarla, curando nel dettaglio la consistenza di tutta la storia.
In Neapolis - Il richiamo della Sirena ho descritto una città che era già antica quando la storiografia ufficiale comincia a parlarne: la sua fondazione era mitica, il suo passato a tratti tenebroso, eppure aveva già lasciato vestigia importanti. Nella serie di post che inauguro col presente, descriverò la storia di Napoli fino al momento dell'azione descritta nel romanzo. In questo post descriverò la fondazione della città.
Siamo esseri umani che cerchiamo di compenetrarci in una storia, vaghiamo in essa sbirciando qui e là, condotti per mano dallo scrittore forse, ma ci ritroviamo spesso a guardare dettagli ai quali egli non ha dato l'importanza che diamo noi. Sembra una gita scolastica con una classe di discoli? Beh, ci va molto vicino! :D
Per ovviare alla curiosità del lettore, non credo che esista altro rimedio che soddisfarla, curando nel dettaglio la consistenza di tutta la storia.
In Neapolis - Il richiamo della Sirena ho descritto una città che era già antica quando la storiografia ufficiale comincia a parlarne: la sua fondazione era mitica, il suo passato a tratti tenebroso, eppure aveva già lasciato vestigia importanti. Nella serie di post che inauguro col presente, descriverò la storia di Napoli fino al momento dell'azione descritta nel romanzo. In questo post descriverò la fondazione della città.
Parole chiave:
Cultura,
Luoghi,
Multimedia,
Storia
Località:
Almelo, The Netherlands
mercoledì 10 ottobre 2012
Il Passato di Un Illustre Neapolitano
È giunto il momento di tornare a parlare di un personaggio chiave del mio romanzo: quel tale Nymphios che viene citato di sfuggita da Tito Livio a proposito dell'assedio di Neapolis come “princeps civitatis” in Ab Urbe Condita, VIII, 25.
Avremo modo di tornare sul passo citato. Oggi voglio invece presentare un passo di Plutarco nel quale fa la sua comparsa un tale Nypsios, neapolitano, esperto uomo d'armi. Penserete che un personaggio non abbia nulla a che vedere con l'altro, a parte un'evidente somiglianza del nome ed il fatto di essere entrambi neapolitani.
Per quanto suggestiva, anch'io non mi sarei spinto oltre il notare la somiglianza, senonché in The Cambridge Ancient History, Volume 6, ed. D.M. Lewis, John Boardman, Simon Hornblower, M. Ostwald si trova che
Avremo modo di tornare sul passo citato. Oggi voglio invece presentare un passo di Plutarco nel quale fa la sua comparsa un tale Nypsios, neapolitano, esperto uomo d'armi. Penserete che un personaggio non abbia nulla a che vedere con l'altro, a parte un'evidente somiglianza del nome ed il fatto di essere entrambi neapolitani.
Per quanto suggestiva, anch'io non mi sarei spinto oltre il notare la somiglianza, senonché in The Cambridge Ancient History, Volume 6, ed. D.M. Lewis, John Boardman, Simon Hornblower, M. Ostwald si trova che
[…] forse gli Osci di Neapolis non erano così diversi nel 326/7, quando udiamo di un leader Neapolitano dal nome probabilmente Osco di Nymphius (cfr. Nypsius il generale Neapolitano di Dionysius II, Diod., XVI, 18.1). […]Di nuovo, si trova in Ancient Italy; historical and geographical investigations in Central Italy, Magna Graecia, Sicily, and Sardinia, di E. Pais, che:
[…] È stata anche sollevata la questione se Nymphius, padre di Paquius, ed uno dei due generali Neapolitani dell'iscrizione, possa essere identificato con il famoso Neapolitano Nypsius, un generale di Dionysius II (vd. Diod. XVI 18-20). Sembra impossibile provare alcunché al riguardo, dal momento che il nome “Nypsius”, che parrebbe essere lo stesso del Nymphios che era pretore nel 326, appare in altre iscrizioni provenienti da Neapolis (e.g., Kaibel, No. 726) ed anche da Capua (CIL, X, 4251). Questo nome potrebbe essere stato abbastanza comune a Neapolis ed in Campania.
[…]
Parole chiave:
Bibliografia,
Cultura,
Il Richiamo della Sirena,
Neapolis,
Personaggi,
Sanniti,
Storia
Località:
Almelo, Paesi Bassi
giovedì 4 ottobre 2012
Chiacchiere D'Altri Tempi
Questo post avrebbe voluto avere una doppia chiave di lettura, ma vi renderete presto conto che non potevo farlo: sarebbe diventata una sterile polemica sugli uomini politici di oggigiorno.
Inutile osservare che tutti i miei post, probabilmente, hanno una doppia chiave di lettura, però in questo caso essa è talmente palese che trovo davvero sconveniente aggiungere qualcosa di mio agli insegnamenti della Storia.
Ancora una volta, ci imbatteremo in Alessandro il Macedone, questa volta lo storico è Plutarco, nella sua Vita di Alessandro, XIV.
Inutile osservare che tutti i miei post, probabilmente, hanno una doppia chiave di lettura, però in questo caso essa è talmente palese che trovo davvero sconveniente aggiungere qualcosa di mio agli insegnamenti della Storia.
Ancora una volta, ci imbatteremo in Alessandro il Macedone, questa volta lo storico è Plutarco, nella sua Vita di Alessandro, XIV.
Parole chiave:
Bibliografia,
Cultura,
Il Richiamo della Sirena,
Intro,
Storia
Località:
Almelo, The Netherlands
mercoledì 26 settembre 2012
Tito Livio racconta il principio del Bellum Neapolitanum
Come già anticipato altrove, la nostra principale fonte di informazioni sulla guerra tra Roma e Neapolis è uno scrittore “nemico”: Tito Livio. In questo post commenterò i passi nei quali l'autore romano narra come sia scoppiato il Bellum Neapolitanum.
Cominciamo dalla seconda parte di “Ab Urbe Condita”, VIII-22:
Cominciamo dalla seconda parte di “Ab Urbe Condita”, VIII-22:
[…]
C'era una città chiamata Palaepolis, non lontana dal punto in cui è ora Neapolis, e le due città erano abitate da un solo popolo. La loro città-madre era Cuma, e i Cumani derivano la loro origine da Chalcis in Euboea.
Parole chiave:
Bibliografia,
Il Richiamo della Sirena,
Neapolis,
Personaggi,
Sanniti,
Storia
Località:
Almelo, Paesi Bassi
domenica 22 luglio 2012
Il Volto di Parthenope
Parthenope non è la più nota delle Sirene.
Il mito che riguarda le Sirene dà loro nomi assai diversi a seconda dell'autore: lo Pseudo-Apollodoro cita Peisinoe, Aglaope e Thelxiepeia, altri nominano Terpsichore, Melpomene e Sterope o Chthon, Omero non dà alcun nome. Il loro stesso numero varia da due a cinque. Il mito che le vuole coi nomi di Leucosia, Ligeia e Parthenope (“virginale”) è dunque solo uno dei tanti ma, guarda caso, è proprio quello che ci interessa di più.
Nel romanzo sarà Parthenope stessa a raccontare la sua storia. Vale la pena però ricordare che, con le sorelle, essa venne mutata in donna-uccello (e non donna-pesce come vorrebbero le più tarde tradizioni medievali) dall'ira di Demetra, giacché era stata incapace di proteggere la figlia Persephone dalle voglie di Ade. Che poi Ade si comportò anche da gentiluomo: amava davvero Persephone, tant'è vero che la sposò e fece in modo che ella non potesse stare lontano da lui. Ad ogni autunno la fanciulla deve tornare dal marito, mentre la primavera e l'estate li trascorreva con la madre a curare le messi.
Ciò detto, la tentazione di parlare qui delle valenze ctonie del mito è molto forte, ma non è assolutamente questa la sede. Se lo desiderate, sarò felice di scrivere un post a parte, ora dobbiamo tornare alla nostra Parthenope.
Il mito che riguarda le Sirene dà loro nomi assai diversi a seconda dell'autore: lo Pseudo-Apollodoro cita Peisinoe, Aglaope e Thelxiepeia, altri nominano Terpsichore, Melpomene e Sterope o Chthon, Omero non dà alcun nome. Il loro stesso numero varia da due a cinque. Il mito che le vuole coi nomi di Leucosia, Ligeia e Parthenope (“virginale”) è dunque solo uno dei tanti ma, guarda caso, è proprio quello che ci interessa di più.
Nel romanzo sarà Parthenope stessa a raccontare la sua storia. Vale la pena però ricordare che, con le sorelle, essa venne mutata in donna-uccello (e non donna-pesce come vorrebbero le più tarde tradizioni medievali) dall'ira di Demetra, giacché era stata incapace di proteggere la figlia Persephone dalle voglie di Ade. Che poi Ade si comportò anche da gentiluomo: amava davvero Persephone, tant'è vero che la sposò e fece in modo che ella non potesse stare lontano da lui. Ad ogni autunno la fanciulla deve tornare dal marito, mentre la primavera e l'estate li trascorreva con la madre a curare le messi.
Ciò detto, la tentazione di parlare qui delle valenze ctonie del mito è molto forte, ma non è assolutamente questa la sede. Se lo desiderate, sarò felice di scrivere un post a parte, ora dobbiamo tornare alla nostra Parthenope.
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Neapolis,
Parthenope,
Storia
Località:
Almelo, Paesi Bassi
venerdì 20 luglio 2012
Anabasis Alexandri
La Spedizione di Alessandro, dello storico greco Arriano, è il resoconto più antico che abbiamo al riguardo della spedizione che Alessandro Magno intraprese alla conquista dell'impero Persiano.
Scritto nel II secolo, esso è essenzialmente una cronaca, pertanto priva di ogni introspezione: è una raccolta di eventi condotta senza cercare di spiegar i motivi degli stessi, e come tale va tenuta sommamente in considerazione la sua oggettività.
Contemporaneamente ai fatti narrati nel mio romanzo, sulla sponda orientale del Mediterraneo un giovane condottiero educato da un filosofo (nientemeno che Aristotele) piegava, in battaglie che hanno fatto la storia, il più grande impero dell'epoca.
Uno dei personaggi principali del mio romanzo ha il suo passato legato al macedone, ed è pertanto ovvio che abbia dovuto documentarmi su cosa possa essergli storicamente accaduto per poi presentarlo dal suo proprio punto di vista.
Scritto nel II secolo, esso è essenzialmente una cronaca, pertanto priva di ogni introspezione: è una raccolta di eventi condotta senza cercare di spiegar i motivi degli stessi, e come tale va tenuta sommamente in considerazione la sua oggettività.
Contemporaneamente ai fatti narrati nel mio romanzo, sulla sponda orientale del Mediterraneo un giovane condottiero educato da un filosofo (nientemeno che Aristotele) piegava, in battaglie che hanno fatto la storia, il più grande impero dell'epoca.
Uno dei personaggi principali del mio romanzo ha il suo passato legato al macedone, ed è pertanto ovvio che abbia dovuto documentarmi su cosa possa essergli storicamente accaduto per poi presentarlo dal suo proprio punto di vista.
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Collaborazioni
Historia Regni
- 19/06/2018 - Neapolis ultima città greca
- 05/06/2018 - Neapolis, Syrakousai e la Sirena di Diotimo
- 13/05/2018 - La Nascita di Neapolis
- 01/05/2018 - Gli Etruschi e Cuma
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